L'accordo con Renzi tiene ma soltanto sulle riforme

Berlusconi sicuro di riuscire a convincere i dissidenti a votare sì in Senato. Però avverte: sulla politica economica e sull'Europa non faremo sconti

L'accordo con Renzi tiene ma soltanto sulle riforme

Ancora a ieri sera, con Matteo Renzi non era in calendario alcun incontro. Il segno, probabilmente, che l'intesa sulle riforme tra Forza Italia e Pd sta sostanzialmente reggendo nonostante l'agitazione di queste ore. Inutile, insomma, un faccia a faccia tra il premier e Silvio Berlusconi che lasciano invece spazio agli ambasciatori (Denis Verdini e Paolo Romani da una parte, Maria Elena Boschi dall'altra). D'altra parte, anche se la fronda dentro Forza Italia continua a minacciare battaglia, la sensazione è che alla fine il leader azzurro avrà la meglio sui dissidenti e li convincerà a votare almeno in prima lettura il nuovo Senato come vuole l'accordo siglato con Renzi. Certo, c'è chi come Augusto Minzolini non ha alcuna intenzione di tornare sui suoi passi e continua a escludere un voto favorevole a meno che non si viri sul Senato elettivo. Ma la convinzione di Berlusconi è che - dopo qualche tensione in commissione durante i voti della prossima settimana - la maggior parte dei senatori alla fine non si metterà di traverso quando si arriverà al voto in aula. D'altra parte, fa presente Daniela Santanché, è chiaro che «la questione dell'immunità è solo una scusa per ostacolare le riforme». E sarà sostanzialmente questo il senso di quel che dirà giovedì Berlusconi durante la riunione congiunta dei gruppi parlamentari e degli eurodeputati azzurri: non è la riforma che avremo voluto, ma è un primo passo avanti.

Eppoi, ripete l'ex premier ai suoi interlocutori, «abbiamo preso un impegno e dobbiamo mantenerlo». Avendo ben chiaro, è il senso dei ragionamenti del leader azzurro, che l'accordo con Renzi è «solo e soltanto» sulle riforme. Mentre su tutto il resto «non faremo sconti». Non è un caso che Forza Italia stia battendo con insistenza su un doppio fronte, puntando il dito non solo contro la politica economica e fiscale del governo ma stigmatizzando pure l'approccio avuto da Renzi in Europa durante la due giorni del Consiglio Ue. Quello che ha visto l'ex premier, infatti, è un governo italiano ancora succube della Merkel e incapace di svincolarsi dai diktat della Germania e che, bene che andrà, riuscirà a «portare a casa uno strapuntino» con un qualche incarico per Enrico Letta o per Federica Mogherini. Dettagli rispetto alla sostanza, visto che Bruxelles ha detto «no» alla richiesta di rinviare al 2016 il pareggio di bilancio strutturale, con il rischio concreto che l'Italia sia costretta a una manovra correttiva dopo l'estate. Lo dice in chiaro Giovanni Toti, consigliere politico di Berlusconi ed eurodeputato. «Il successo di Renzi in Europa - scrive su Twitter - può costarci come cinque Imu. #menomalecheabbiamovinto». E sulla stessa linea critica è Il Mattinale, il foglio politico curato dal gruppo di Forza Italia alla Camera. «Renzi - affonda il capogruppo azzurro Renato Brunetta - torna buggerato e felice dal Consiglio europeo. Una beffa per l'Italia, ma con promesse d'amore della Merkel, che lo preferisce a tutti gli altri premier europei.

Risultati pratici? Neanche la capocchia di uno spillo». Anzi, «pur riconoscendo tutta la flessibilità possibile il 3% deve essere rispettato e per farlo occorrerà in autunno una manovra correttiva da almeno 25 miliardi di euro».

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