L'alleato del Pd ha capito che non andrà al governo «Resto governatore fino al termine del mio mandato»

RomaTorna a casa, Nichi: chi va a Roma, perde la poltrona. L'unica sicura in tempi di tormenta. Il centrosinistra è alle prese con lo stallo post-elettorale e sull'orlo di una crisi di nervi? Vendola decide che è inutile fare ancora anticamera nella Capitale sognando un ministero gaudioso, così si rimette il costume da «Favoliere delle Puglie» e certifica - forse definitivamente - il flop della coalizione guidata dal mancato smacchiatore di giaguari.
L'annuncio, reclamato dall'opposizione pugliese che chiedeva chiarezza dopo la sua elezione alla Camera, arriva in stile millenarista. Ai cronisti che gli domandano fino a quando resterà Governatore, Nichi replica grave: «Fino alla fine, fino alla fine». Fine di che cosa? Della sua carriera politica? Della Puglia stessa? Vendola sgombra il campo dal possibile equivoco linguistico e aggiunge di voler continuare a «fare il bene di questa terra fino a fine legislatura». Nichi la Puglia vuole «provare a risollevarla», vuole «sentirne davvero tutte le pene», ma di cambiare rotta non ne ha alcuna intenzione. Semmai, concede, «dovremmo soltanto propagandare e raccontare meglio» la sua politica alla guida della regione.
Dopo aver tentato di blandire i grillini che aveva bastonato in campagna elettorale, evidentemente anche Vendola non crede più a una via d'uscita dall'impasse. E anche se lascia uno spiraglio aperto, promettendo di voler ancora dare un battistiano «contributo di pensieri e di parole» per svicolare da «una condizione che rischia di essere di paralisi», i fatti lo riportano nel tacco d'Italia. E la narrazione vendoliana deve giocoforza tornare cronaca locale, almeno fino alla prossima occasione, che potrebbe essere più vicina della «fine», se il ritorno alle urne dovesse essere dietro l'angolo.
Scelta pragmatica, quella del leader di Sel (incarico questo che gli garantisce di restare comunque sullo «scenario nazionale»: «Non mi sono mica dimesso dall'incarico di presidente del partito», chiosa infatti), ma anche obbligata. Oltre alla già citata opposizione in consiglio regionale, c'era da rispondere anche ai presidenti delle province pugliesi, che due giorni fa avevano criticato l'immobilismo della regione «in attesa delle definitive decisioni ed opzioni a disposizione del presidente Vendola, eletto anche in Parlamento». I due mesi concessi dalla legge per scegliere in che campo giocare erano troppi, e così, fatti due conti, Nichi ha optato per il terreno amico (ma che alle urne ha premiato Pdl e M5S: a Bari il centrosinistra è arrivato terzo), non prima di rispondere velenosamente ai «colleghi» delle province. «Volevo esprimere la mia invidia - ha sibilato il leader di Sel - nei confronti del collega Rosario Crocetta che con i poteri di uno statuto autonomista ha potuto chiudere la storia penosa delle Province, di questi enti fatti di chiacchiere e di spreco». Dichiarazioni al vetriolo al posto della narrazione e della poesia.

Vendola riparte dai toni a cui era arrivato alla vigilia delle elezioni, quando aveva minacciato un cronista di querela solo perché il tapino gli chiedeva conto della foto del 2006 a pranzo con il giudice che l'ha assolto a ottobre scorso. La poltrona se la tiene stretta. Fino alla fine.

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