Qatargate

Fra Lampedusa e Doha, il medico eroe che tiene famiglia

Un tempo idolatrato per le visite ai migranti ora viene tirato in ballo per i voti sull'emirato

Fra Lampedusa e Doha, il medico eroe che tiene famiglia

Che non è indagato». C'è un nome, nelle cronache di questi giorni sul Qatargate, cui i giornali italiani - assai severi con tutti gli altri protagonisti della vicenda - riservano una sorta di trattamento di riguardo, ripetendo ad ogni occasione quella clausola di salvaguardia: «Non è indagato». Il motivo è semplice: si parla di un eroe civile, un cittadino sbarcato negli agi di Bruxelles dopo avere speso anni in difesa degli ultimi. Si chiama Pietro Bartolo, di mestiere medico, l'uomo che a Lampedusa si occupava di curare le migliaia di profughi sbarcati dalle navi della Costiera e delle ong nel centro di accoglienza dell'isola sicialiana. Fatica improba e meritoria.

Ma nel 2019 Bartolo decide che Lampedusa può fare a meno di lui. Si candida nel Pd alle Europee, fa il pieno di voti, sbarca a Bruxelles. E qui la scena cambia. Perché si trova catapultato in pieno in quella sentina di traffici che è il gruppo parlamentare dei Socialisti & Democratici, di cui fino al giorno prima faceva parte l'ex sindacalista Antonio Panzeri. E di cui sono esponenti di spicco Eva Kaili, Marc Tarabella, Andrea Cozzolino, Marie Arena, insomma tutti i nomi resi oggi celebri dalle indagini sulle attività occulte di Fight Impunity, la ong fondata da Panzeri dopo la fine del mandato.

Nel gruppo accolgono Bartolo a braccia aperte. Lo nominano vicepresidente della commissione Libe, che si occupa di giustizia e di libertà civili. Diventa anche «relatore ombra» - cioè portavoce del gruppo sul tema cruciale della rimozione dei visti d'ingresso in Europa per alcuni Stati: tra cui il Qatar. Il regime caro al suo compagno di partito Panzeri.

I rapporti tra Panzeri e Bortolo sono ottimi. Tra il pragmatico sindacalista bergamasco e il medico-eroe, tra l'ex deputato che conosce i meandri del Parlamento e il maturo « debuttante, l'affiatamento è tale che Bartolo assume nel suo staff uno degli uomini di fiducia di Panzeri, l'assistente parlamentare Giorgio Meroni. Meroni a Bruxelles ha messo su casa, che affitta a un altro deputato italiano, il dem veneziano Davide Zoggia, indagato e poi prosciolto per gli appalti del Mose. Quando Meroni viene investito in pieno dalla indagine della Procura di Bruxelles sul Qatargate, il suo ufficio accanto a quello di Bartolo viene perquisito e sigillato. Ma «Bartolo non è indagato», specificano le cronache: e uno.

Siamo solo agli inizi: perché poco dopo salta fuori che Bartolo ha un figlio di nome Giacomo che lo ha seguito a Bruxelles e che cerca un lavoro. Dove lo piazza il papà? A Fight Impunity, la ong che è il braccio operativo degli affari di Panzeri, una lobby non registrata al soldo del miglior offerente. Poco meno di 2mila euro di stipendio: troppo pochi per Bartolo junior, che dopo 7 mesi si dimette. Sette mesi non sono pochi, nella breve vita di Fight Impunity. Cosa ha visto o capito Bartolo junior? Mistero. «Bartolo (senior) non è indagato», specificano i giornali dando la notizia: e due.

Ma quando piove piove davvero. Comincia a «cantare» Francesco Giorgi, anche lui ex assistente di Panzeri. E racconta che un emendamento a favore del Qatar presentato dal dem Andrea Cozzolino faticava a venire fatto proprio dal gruppo. Così viene ripresentato con un'altra firma: quella di Pietro Bartolo. Che, ovviamente, «non è indagato». E tre.

Va a finire che Bartolo si dimette da «relatore ombra» sulla faccenda dei visti: lo presenta come un gesto di sdegno, «non voglio avere niente a che fare con questo schifo», in realtà a chiedergli (eufemismo) di farsi da parte è stata la capogruppo Iratxe Garcia Perez dopo le perquisizioni e i sigilli a Meroni. «Bartolo non è indagato»: e quattro.

Benissimo. Ma in questi tre anni il medico-eroe dove aveva la testa?

Commenti