Mi hanno chiamato perfino i miei genitori in gita a Berlino, per sapere come stavo, se ero ancora vivo. «Tra poco viene er nubifragio» si sentiva per le strade, e in giro non c'era nessuno, sembrava l'inizio di un film di Emmerich, quando sta per succedere il cataclisma. A differenza della neve dello scorso inverno, quando le signore sono uscite in tacchi a spillo e con la Smart pur con l'obbligo di catene, stavolta i romani ci hanno creduto, sarà per la suggestione biblica di un diluvio universale a Roma, sarà perché già basta una pioggerella per trasformare gli scoli e i marciapiedi in fiumi, figuriamoci un diluvio annunciato, sarà quel che sarà.
Io sono cascato dalle nuvole che non c'erano, il cielo era sereno e non avevo seguito i notiziari, il meteo lo salto sempre come l'economia e la cronaca nera e la politica, quindi finisco per saltare praticamente tutto, ma che Roma stesse per essere spazzata via come Fukushima l'ho appreso da Uno Mattina. Non perché stessi vedendo Uno Mattina ma perché quelli di Uno Mattina mi hanno telefonato per chiedermi se andavo a parlare del maltempo, e sono rimasto un po' interdetto, ho pensato a un errore e che volessero chiamare il colonello Giuliacci o come si chiama. Tuttavia è grazie a Uno Mattina che mi sono guardato intorno e mi sono accorto che c'era qualcosa di strano, poche macchine e un traffico ordinato, civile: ero a Roma ma sembrava Milano. Ho controllato l'iPhone e in effetti prevedeva pioggia al 70%, e io dell'iPhone mi fido ciecamente, se l'iPhone dice che piove io apro l'ombrello anche se c'è il sole. Non era male osservare l'ansia che cresceva nell'attesa del diluvio, e di ora in ora l'evento si ingigantiva, stava per abbattersi uno tsunami, un tornado, Katrina, forse stava per arrivare Godzilla, e una signora in un bar giurava che dalle parti di Ponte Milvio fosse già tutto allagato, con le persone intrappolate nei sottopassaggi, per via der nubifragio. «Ma che sta' a ddi', a Ponte Milvio ce lavora mi' fija, Alemanno vuole fa' vede' che stavolta è previdente, ce stanno a prende per i fondelli
».
Ecco, i bar di Roma sono il massimo dell'allarmismo e dello scetticismo, nei bar succede tutto e non succede mai niente, l'importante è dare a vedere di saperla più lunga degli altri, come in ogni bar del mondo ma per i discorsi da bar Roma è ancora caput mundi. Per cui sarà la noia, sarà la crisi economica, sarà quel che sarà ma c'era un certo friccicore nell'aria, il giorno del diluvio universale, una certa allegria pur tirando dentro tavolini e ombrelloni, con sfoggio di paralleli cinematografici perfino da chi non te lo saresti mai aspettato, indicando le nuvolaglie nere in avvicinamento: «Pare l'astronave di Indipendendèi». E un altro: «Pare gli uccelli de Iccìcok». E rincasando a passetti veloci, non come quando fuori piove ma come quando in casa c'è la partita.
Molti incidenti di percorso per andare al lavoro, questa volta per assenza di incidenti, perché a Roma si lamentano tutti per il traffico, tutti nevrotici per le corsie d'emergenza che non funzionano e la metropolitana che fa schifo e questa tangenziale che più fanno i lavori e più si intasa, e in ogni caso ogni mattina ci mettono tutti ore per arrivare in ufficio, tra un cornuto e l'altro. Invece il giorno del diluvio universale erano tutti nevrotici perché non hanno preso la macchina, hanno preso in mezzi pubblici, e sono arrivati puntuali, qualcuno addirittura in anticipo. I tassisti scazzatissimi nelle piazze come belve rassegnate, nel diluvio ci speravano perché con la crisi, dicono, lavorano meno. Ci speravano anche i venditori di ombrellini che stavolta ne avevano di enormi, io ne ho comprato uno a dieci euro perché era uguale all'ombrellone nero che usava Michael Jackson per ripararsi dal sole, se poi mi beccava il diluvio tanto meglio.
Insomma, alla fine er nubifragio non c'è stato, neppure una tempestina, niente, come il deserto dei Tartari di Buzzati, come la poesia dei barbari di Konstantinos Kavafis, cioè «tutto 'sto allarmismo pe' du gocce». Quindi l'indomani si finisce a parlare del diluvio mancato con malcelata delusione e molta recriminazione, individuando subito il capro espiatorio, il colpevole, lo sprovveduto: il sindaco Alemanno. Immediatamente immortalato su Facebook in un fotomontaggio tristissimo, mentre vende ombrelli, con la scritta: «Alemanno è pronto per il diluvio».
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