Roma - È passato un mese. Il 9 dicembre 2012 i giornali titolavano sui due fatti di quel frenetico sabato festivo: l'annuncio delle dimissioni di Monti e la ridiscesa in campo di Berlusconi. La notizia vera sembrava la prima, che voleva dire elezioni anticipate e per l'«unto dell'Europa» mani libere in politica e un futuro radioso da successore di se stesso a Palazzo Chigi o comunque da ago della bilancia. Il secondo sembrava l'atto disperato del leader di un partito in via di evaporazione e destinato a un ruolo marginale nella politica italiana del 2013, a mala pena a doppia cifra (e forse no).
Oggi l'atto spavaldo di Monti fa quasi sorridere: effetto minimal sui sondaggi, la prospettiva di un terzo o addirittura quarto posto elettorale, l'irrilevanza come fato e forse (chissà) il pentimento del premier uscente. Quanto alla presunta disperazione di Berlusconi si è tramutata in consapevolezza: la gamba gira, l'animale elettorale ruggisce ancora, l'impresa impossibile è possibile. Roar.
L'aria è cambiata. Questione di pelle. E questione di fatti. Il Pdl che a inizio novembre veniva dato nei sondaggi al 14 per cento, veleggia verso il 20 per cento e ha un mese e mezzo per salire ancora. Certo, il 40 per cento vagheggiato dal Cavaliere come suo elettorato naturale, è lontano. Ma l'alleanza appena obliterata con la Lega, il contributo della Destra di Francesco Storace e dei Fratelli d'Italia fanno pensare che l'alleanza possa essere pesata oggi al 30 per cento. Il centrosinistra che veleggia sotto quota 40 è lontano ma non poi tanto. Lo fa notare anche il New York Times, mai tenero con Berlusconi: «I recenti sondaggi di opinione mostrano che il centrodestra tallona il centrosinistra nei consensi». E il bacino elettorale potenziale potrebbe allargarsi ancora con la nascita di una sorta di Lega meridionale attorno al Grande Sud di Gianfranco Miccichè; e con il possibile arruolamento in corsa dei Radicali, già alleati del centrodestra a metà degli anni Novanta e sedotti dalle recenti aperture di Berlusconi sui temi dei diritti civili su cui Pannella è sempre assai sensibile.
In attesa di poter riaprire la partita anche alla Camera, i numeri che contano oggi riguardano il Senato, dove il premio di maggioranza è su base regionale e dove quindi il centrosinistra è tutt'altro che sicuro di farcela. La società Ipsos ha reso noto uno studio sulla situazione di cinque grandi Regioni in cui si elegge quasi la metà dei senatori. Ebbene, se nel Lazio e nel Piemonte il centrosinistra pare imbattibile, in Lombardia, Campania e Sicilia (ma secondo Roberto D'Alimonte anche nel Veneto non considerato nell'analisi) la situazione è in bilico. In Lombardia, dove si assegnano 49 seggi e la coalizione vincente ne ha 27 garantiti, centrosinistra e centrodestra sono attualmente pari al 32,5, con i centristi al 16,3. In Campania, dove i seggi sono 29 e 16 spettano alla maggioranza relativa, centrosinistra avanti di un soffio: 30,5 contro 28,5 (e i montiani al 14,2). In Sicilia (25 seggi, 14 dei quali alla coalizione vincente) centrodestra molto avanti con il 27 per cento e il centrosinistra al 22,9 addirittura insidiato dal Movimento 5 Stelle al 19,8.
Se si tiene conto del fatto che più o meno tutti gli analisti sono concordi nel sostenere che il Pd abbia esaurito la spinta propulsiva dell'effetto primarie e che probabilmente è il Pdl di un Berlusconi letteralmente rinato il partito destinato a crescere di più da qui al 24 febbraio, ecco che appare più che probabile la vittoria del centrodestra almeno in Lombardia, Veneto e Sicilia. Il che riproporrebbe lo scenario del 2006, con una vittoria dimezzata per i progressisti. E già questo sarebbe un grande successo per un partito, il Pdl, dato troppo presto per morto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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