Lasciateci liberi di acquistare sciocchezzeil commento 2

Non servono? E chi l'ha detto? Il ping pong da tavolino, il frisbee d'acqua (è molle e si inzuppa come una spugna), il timer a forma di girasole, il tegamino per l'uovo fritto, la mazza da cricket. Non servono in una visione frettolosa della realtà, in cui - è evidente - un bambino di tre anni non potrà mai giocare a cricket in un appartamento, a Milano. Ma servono a comprare, che non è solo un'azione finalizzata alla sopravvivenza: è un gesto, a volte, fine a se stesso, che ha la sua ragion d'essere nella non necessità. È per questo che l'acquisto (non ossessivo, ma simpaticamente espansivo) è un segno di civiltà: specialmente se ciò che compriamo è apparentemente inutile.

Ci hanno ripetuto allo sfinimento che il consumismo è male, che spendere senza freni è una colpa, che riempirsi l'armadio di tutte quelle borse e scarpe e sciarpine e vestiti e cappottini costosi è degenerazione, morale e psichica: e ora che siamo felici con un ping pong tascabile da quattro euro, ancora ci rimproverate? E non dite che «non è questione di quanto costa, ma del principio»: perché allora basta una giravolta, per tornare alle borse a tre zeri...

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