Cronache

"L'attenzione è un muscolo E va allenato tutti i giorni"

Il nuovo psicodramma della società è l'incapacità di concentrarsi. Lo psicologo Daniel Goleman: "Non è solo colpa delle tecnologie"

"L'attenzione è un muscolo E va allenato tutti i giorni"

Metropolitana, ora di punta. Incontriamo un vecchio amico, col quale ci accomodiamo in attesa di salpare per la città. Scambiamo due chiacchiere e poi... uno dei due tira fuori lo smartphone e comunica con un altro. Chi di noi non ha mai vissuto un'esperienza del genere? Probabilmente chiunque, al punto che è stato addirittura coniato il termine «pizzled», combinazione fra «puzzled» (perplesso) e «pissed off» (arrabbiato), per definire il disagio che ne deriva. E che cela una grave conseguenza: senza accorgerci stiamo perdendo completamente la capacità di concentrarci; su una conversazione, sul libro che stiamo leggendo, sul file word appena aperto.
Eppure la concentrazione è un aspetto della nostra esistenza fondamentale, che ci consente di interagire al meglio con noi stessi e il mondo che ci circonda. Ne è convinto Daniel Goleman, psicologo di fama internazionale, autore del bestseller «Intelligenza emotiva» e ora in uscita con il suo nuovo lavoro «Focus: perché fare attenzione ci rende migliori e più felici». «L'attenzione rappresenta una risorsa mentale poco considerata e sottovalutata, ma che riveste un'importanza enorme rispetto al modo in cui affrontiamo la vita», spiega Goleman. Va, però, «alimentata» e tenuta in allenamento: «É, in effetti, come un muscolo - continua - se la usiamo poco si infiacchisce, mentre se la facciamo lavorare bene acquista vigore».
Perché siamo sempre meno concentrati? Herbert Simon, premio Nobel nel 1977, fu il primo a mettere in relazione l'eccessiva quantità d'informazioni che abbiamo a disposizione, con la difficoltà di focalizzare la nostra attenzione su aspetti specifici del vivere quotidiano. Oggi sappiamo che aveva ragione. Lo vediamo tutti i giorni collegandoci alla Rete. Siamo bombardati da input che dobbiamo necessariamente scremare per poter «metabolizzare» qualcosa; benché, spesso, pur selezionando, ci rimanga in testa ben poco. «In genere, la mente di un lettore vaga per il 20-40% del tempo in cui legge un testo», racconta lo psicologo americano, ma con la tecnologia a disposizione, la percentuale incrementa in modo impressionante. L'attenzione è importante perché quando la perdiamo, il nostro rendimento cala in maniera proporzionale. In ogni campo: a scuola, al lavoro, nello sport. L'apprendimento scolastico è tanto maggiore, quanto minore è la distrazione provocata dal desiderio di navigare su internet o mandare un messaggio all'amico. «In assenza di concentrazione non viene immagazzinato nessun nuovo ricordo di quello che stiamo imparando», dice Goleman. Ne beneficia anche il cervello a livello fisiologico: «L'organo cerebrale mappa le informazioni su ciò che già conosciamo creando nuove connessioni neuronali».
Non tutti, però, sono disattenti allo stesso modo. Gli emotivi sono più suscettibili. «Le persone che si concentrano meglio sono, infatti, relativamente immuni ai tumulti emotivi - rivela Goleman - hanno minore difficoltà a mantenersi imperturbabili nei momenti di crisi e restano stabili in mezzo al flusso di emozioni della vita». La disattenzione può, pertanto, sfociare nella patologia, con l'evoluzione di stati ossessivi o fobici, in cui l'attenzione è catturata da un pensiero fisso che trasfigura la realtà. É la stessa logica che accompagna i ragazzi che si «perdono» su Youtube, passando da un video all'altro, senza accorgersi che i genitori li stanno chiamando perché è «pronto in tavola».

Gli stessi ragazzi «delle generazioni a venire», a cui Goleman ha scelto di dedicare il libro.

Commenti