Roma - Eh no. Il confronto pubblico tra il procuratore capo di Bari Antonio Laudati e la giornalista di Repubblica Liana Milella non s'ha da fare. L'ha deciso quest'ultima, dopo due giorni di «riflessione», rispondendo picche all'invito di Laudati, recapitato tra i commenti a un post che lo riguardava sul blog Toghe della Milella. La questione riguarda il clima di veleno nella procura pugliese, scatenato dagli anni di inchieste trasversali su Tarantini, escort, Berlusconi e sanità locale, e sfociato nelle denuncie incrociate tra Laudati e l'ex pm barese Pino Scelsi, entrambi finiti indagati (a fine marzo è stato chiesto per i due il rinvio a giudizio) a Lecce per abuso d'ufficio e - solo Laudati - per favoreggiamento.
Nell'ultimo anno e mezzo, sul suo blog, la Milella si è spesso occupata dei risvolti della vicenda che riguardavano Laudati, sottoposto anche ad azione disciplinare a differenza di Scelsi che aveva lasciato la procura, e molto poco delle accuse contro Scelsi. Post ben informati (in qualche caso addirittura anticipatori rispetto a quanto sarebbe accaduto al Csm ore dopo) e un po' (tanto) velenosi con il capo della procura barese. Così, a mezzogiorno di lunedì scorso, Laudati ha deciso per un contradditorio «fai da te», e le ha scritto sia per contestare la particolare attenzione prestata alla sua querelle giudiziaria, portata all'attenzione dei lettori del blog «23 volte dal 3 settembre 2011 al 18 aprile 2013», che per lamentare l'«accanimento, tale che spesso mi è stato chiesto se fra noi ci fosse quale motivo personale di contrasto». Ma i due non si conoscono. Nemmeno per telefono, ricorda ancora Laudati: la Milella «pur scrivendo sul suo blog lunghi commenti velenosi sul mio conto - oltre gli articoli scritti sul quotidiano La Repubblica - accusandomi delle peggiori nefandezze, non ha mai sentito il bisogno di contattarmi per ascoltare la mia versione dei fatti». Così, ecco l'invito «a un confronto pubblico, un faccia a faccia fra me e lei, dove lei potrà farmi tutte le domande che ritiene». Querelle risolta? Macché. Di fronte alla mossa «mediatica» di Laudati, la giornalista prende tempo. E, due giorni più tardi, il 25, giustifica con un post sul blog («Il mio no a Laudati») la sua fuga dal confronto. «Ci ho riflettuto e ho deciso che no, non si può fare», spiega, interpretando la richiesta di Laudati non come un incontro con contraddittorio, ma come «un processo pubblico». E dunque, «non faccio il giudice, e non spetta a me assolvere o condannare un imputato», chiosa la Milella, che con modestia ricorda come a occuparsi della questione Laudati non sia stato solo il suo blog, ma anche «i colleghi della redazione di Bari di Repubblica, la stampa italiana». Che però, va detto, hanno dato un certo risalto anche ai guai di Scelsi, mentre la Milella, dando notizia della richiesta di rinvio a giudizio del procuratore capo, cita l'ex pm solo per dire che «aveva visto e detto il vero», dimenticando le accuse contro di lui. Morale, Laudati ora «deve avere pazienza», conclude la Milella, negando il vis-à-vis. E scontrandosi con una certa perplessità dei lettori del suo blog. Che, in maggioranza, la invitano ad accettare la «sfida», magari meno pubblica, sicuramente non «processuale». Cambierà idea? Fino a ieri no. Ma se è legittimo declinare l'invito a un dibattito in piazza, forse lo è meno - per un giornalista - non provare a controrilanciare con il confronto per eccellenza di un cronista: un'intervista.
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