Milano - Non c’erano solo la Tanzania e Cipro ad attirare gli investimenti della Lega, all’epoca in cui il cassiere padano Francesco Belsito metteva a frutto i soldi del finanziamento pubblico al Carroccio. Mano a mano che i pm milanesi e i loro consulenti frugano e analizzano le carte dell’inchiesta «Lega Ladrona» diventa sempre più evidente che Belsito si muoveva non come un cassiere di partito ma come uno gnomo della finanza, piazzando i quattrini che dovevano servire a pagare manifesti e spot in affari e speculazioni qua e là per il mondo: «In dollari australiani, in corone norvegesi, in Sicav, Pictet Liquidity, in dollari Usa». Laddovesia detto per chi non bazzica il dorato mondo della finanza -Pictet Liquidity indica un colosso da 200 miliardi di franchi con sede a Ginevra, abituato a gestire i patrimoni dei ricchi del pianeta.
A differenziare in modo così minuzioso i quattrini padani, Belsito si era dedicato tra il novembre e il dicembre scorsi, spostando su valute e fondi esteri nove milioni di euro fino aquel punto parcheggiati in obbligazioni della Bpi. Ma il cassiere doveva occuparsi anche di pratiche più spicciole. Ovvero il mantenimento dei figli del grande capo, quel profluvio di mance, rimborsi spese, pagamenti di ogni genere che l’altro ieri ha portato la Procura a incriminare per concorso in appropriazione indebita Riccardo e Renzo Bossi. Non esiste, spiegano fonti investigative,un capo d’accusa specifico per la «paghetta» mensile che i due figli maggiori del Senatùr avrebbero percepito a carico del movimento. Ma ci sono una serie di altre tracce che rendono difficile immaginare che i due Bossi junior non sapessero da dove veniva la grana.
Renzo Bossi, in particolare, sembra avere il vizio di andare in «rosso » sul conto corrente, e a ripianare i buchi doveva accorrere Belsito. Tra il 2009 e il 2010, il cassiere leghista bonifica quattromila euro per permettere al «Trota» di rientrare: il 16 dicembre 2009 mille euro, il 7 aprile 2010 tremila euro con la specifica un po’ criptica «bonifico da Francesco Belsito-conto studiorimborsospese ». Ilfratellomaggiore, Riccardo, metteva in conto al partito le rate dell’università, interessi di mora compresi: due rate, una di 2.723 e una di 690, nel tentativo ( fallito) di laurearsi in Economia all’Università dell’Insubria.
Piccolezze, di fronte alle masse diquattrinichemuoveBelsitosugli scenari internazionali. A descrivere ai pubblici ministeri le tattiche di investimento del tesoriere è la Banca Aletti di Genova, dove il Carroccio appoggiava la maggior parte dei suoi rimborsi elettorali, e che si è trovata ora in una situazione imbarazzante: se non altro per avere lasciato mano libera al cliente, senza segnalare a Bankitalia la vivacità delle sue iniziative. In questi giorni la banca cerca di togliersi d’impiccio in tre modi: «Scaricando» il funzionario che teneva i rapporti con Belsito, di cui ieri annuncia la sospensione; rendendo noto che già dall’aprile 2007,molto prima di essere nominato ufficialmente tesoriere della Lega, Belsito aveva ricevutounadelegaadoperaresenzalimitazione sui conti del partito, a firmadeltesorieredell’epoca, Maurizio Balocchi, che la banca «interpretò» come un’autorizzazioneillimitata.
Ma soprattutto la banca prende le distanze dal Belsito degli ultimi mesi, quando dopo anni di «investimentiprudentieconservativi» consigliati dall’istituto, Belsito all’improvviso si scatena, e si lancia prima sulle valute estere e sui fondi svizzeri, poi su Tanzania e Cipro.
Nella sua lettera ai pm, la Banca Aletti ipotizza una spiegazione per questa svolta: la crisi dell’euro, che avrebbe spinto la Lega verso investimenti più sicuri. In Procura, però, pensano che ci siano stati altri motivi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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