Milano - E anche nella Lega, l'ultimo partito a dna leninista sopravvissuto, è arrivato il giorno del «re è morto, viva il re». Perché ieri Roberto Maroni ha detto che, come previsto dallo statuto in occasione delle tornate elettorali, il nome del segretario entrerà nel simbolo del partito, sia alle politiche che alle regionali. Sottacendo che a uscire sarà quello di Umberto Bossi, il «Capo» decapitato a cui è stato concesso l'onore delle armi con una candidature nel prossimo parlamento. Un affaccio sulla Terza repubblica, per lui che era stato tra i padri fondatori della Seconda. Ma ieri Maroni ha annunciato anche un marchio di prestigio come Google tra i partner nella sua corsa verso il piano nobile di Regione Lombardia, dove si candida col sostegno della Lega, del Pdl, di una sua lista personale «per Maroni presidente» e di quella 3L di Giulio Tremonti.
Tornando a Google, si tratta dell'ultima declinazione di quella Lega 2.0 della nuova era promessa dai «barbari sognanti» maroniani, ormai tutti ramazze e social network. E infatti, per coinvolgere militanti ed elettori nella scrittura del programma, sarà utilizzata una piattaforma multicanale («Dillo a Maroni!») fatta di seminari con collegamenti web, sms, telefonate e contributi via Internet. Prossimo appuntamento, spiega Andrea Gibelli, il convegno di mercoledì prossimo a Cernobbio dove dalle 11.30 alle 13 saranno possibili collegamenti in diretta (hangout) per porre domande al candidato Maroni e offrire suggerimenti al suo programma.
Altro passo di una campagna elettorale ormai entrata nel vivo e che registra ottimismo tra i vertici del Carroccio. «L'accordo di domenica tra la Lega e il Pdl - le parole di Maroni - ha cambiato gli scenari. Ora ci sono le condizioni per vincere in Lombardia». Tanto che ricorda a Gabriele Albertini («ormai lui è ininfluente...») la promessa di regalargli una Ferrari 453 in caso di vittoria. E il segretario lombardo Matteo Salvini assicura che «i malumori dei militanti più contrari all'accordo con Berlusconi sono già stati riassorbiti, ora la macchina è pronta per partire e vincere». Anche perché la sinistra che dava fin troppo per scontato la vittoria, ora che in Lombardia circolano sondaggi che vedono il centrodestra in vantaggio di almeno due punti, è pietrificata dal terrore di mancare ancora una volta il bersaglio Pirellone. E sono ormai diversi lustri.
Anche perché il programma del candidato Umberto Ambrosoli ancora latita, mentre le parole d'ordine di Maroni sono ben chiare. A cominciare da quel 75 per cento di tasse da trattenere sul territorio che le ha pagate. «Serve cambiare le leggi? Le cambieremo». Fino a immaginare anche «una Lombardia a statuto speciale, così come già succede per Sicilia e Trentino». Con Maroni che non ha alcuna intenzione di perdersi nella guerra delle cifre. «Nel più sfavorevole dei casi - ha ripetuto ieri - per la Lombardia sono 16 miliardi di euro ogni anno». Già pronta la lista della spesa: 8 miliardi per togliere l'Irap alle imprese, uno per cancellare il bollo auto, 100 milioni per i libri nelle scuole dell'obbligo («se sono dell'obbligo devono essere gratis»). Con i restanti 9 miliardi meno ticket sanitari, infrastrutture e investimenti a favore di chi offre un contratto ai giovani.
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