N on la esclude, certo. Ma almeno per il momento davvero non vuole sentirne parlare. Sul punto Berlusconi è stato piuttosto chiaro già qualche giorno fa, appena arrivato in Sardegna per la pausa di Ferragosto. Quando nel commentare le uscite di alcuni big del Pdl sempre pronti a teorizzare in ogni occasione pubblica vantaggi e benefici della grande coalizione, il Cavaliere fu piuttosto tranchant: «Mi chiedo cosa hanno in testa questi?».
E già, perché se ormai da mesi l'ex premier è alle prese con il rilancio del partito e la pianificazione di una campagna elettorale imminente, è chiaro che solo evocare l'ipotesi di una grande coalizione magari guidata nuovamente da Mario Monti non fa che allontanare i già delusi elettori del Pdl e alimentare le divisioni interne con gli ex An sempre più sul piede di guerra. Insomma, una strategia al limite del suicidio, soprattutto per un partito che dopo mesi di caduta libera ha da qualche settimana ripreso finalmente a risalire nei sondaggi. Al punto che secondo alcuni istituti sarebbe a soli 5 punti dal Pd (20% contro 25), una soglia che rende sì difficile ma non impossibile un recupero. «Non dimenticate quanti punti abbiamo ripreso nel 2006», si è lasciato sfuggire Berlusconi in questi giorni, a conferma che - nonostante manchi ancora l'ufficialità - l'intenzione è quella di tornare in prima linea e candidarsi ancora alla premiership.
Insomma, per il Cavaliere non è certo questo il momento per mandare messaggi che l'elettorato di centrodestra non capirebbe e che sono comunque fuori contesto. Considerazione su cui ha concordato anche Angelino Alfano, da mercoledì anche lui in Sardegna con Berlusconi. Basta, dunque, evocare la grande coalizione. Nella consapevolezza, certo, che se il risultato che uscirà dalle urne sarà incerto l'ipotesi non può comunque essere scartata a priori. Ma una cosa è considerarla una soluzione d'emergenza, altra è usarla come argomento in campagna elettorale. Così, getta acqua sul fuoco Fabrizio Cicchitto. «Francamente - dice - non abbiamo mai dato molto credito all'ipotesi di grandi coalizioni, a favore o contro le quali vediamo che si scaldano e si accapigliano alcuni cari amici del Pdl». Mentre - come è ovvio - ben più netti sono gli ex An, di certo l'ala che meno gradirebbe una soluzione simile. «La grande coalizione - affonda Ignazio La Russa - è un'ipotesi che anche Berlusconi e Alfano hanno ripetutamente escluso. Non c'è spazio per le ammucchiate».
Si stringe, invece, sulla riforma della legge elettorale. Con il pd Enrico Letta che si fa un po' prendere la mano e dà l'intesa per «già fatta». Parole azzardate, anche perché mercoledì prossimo il comitato ristretto del Senato dovrebbe iniziare a discutere una prima bozza e dare per scontato che la loro sarà solo la ratifica di accordi già fatti non è proprio un buon esempio di bon ton istituzionale. Così la giornata prosegue tra le tante smentite e precisazioni che arrivano da Pdl e Pd: la strada è quella giusta, ma l'accordo non c'è.
L'intesa, in verità, di fatto già c'è. Con qualche dubbio sulla ridefinizione dei collegi e molte incertezze sulla tempistica. Al Quirinale, infatti, non dispiacerebbe il voto anticipato a novembre. Uno scenario che permetterebbe a Giorgio Napolitano di gestire la transizione prima che il Parlamento si riunisca per votare il suo successore sul Colle.
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