Contro la Casta, con la c maiuscola. E contro il suo partito, la Lega, che ha abbandonato senza voltarsi indietro. Luciano Fosci (nel tondo), segretario cittadino del Carroccio a Ravenna, sbatte la porta sul caso Sallusti: «Mi chiedo cosa possa aver spinto la Lega a presentare un emendamento che toglie la libertà di parola ai giornalisti». Breve pausa, poi il 53enne rilancia: «Il ragionamento è semplicissimo. I giornali hanno cominciato a parlare di casta e privilegi dei parlamentari, anche del mio ex partito, e allora chi sta in Parlamento ha votato una norma che manda in galera chi scrive».
Fosci, che già si sentiva umiliato perché i capi gli avevano chiuso la sede di Ravenna per problemi economici, ha deciso di farsi da parte: «Ero il segretario di una sezione fantasma, perché a Ravenna, dove solo l'anno scorso eravamo sopra il 10%, non ci sono soldi per tenere aperte quattro stanze e far crescere il movimento. Il Federale evidentemente dirottava le risorse altrove, come abbiamo capito dagli scandali che ci hanno colpito. Ero già in crisi, ora si è superato il segno». Gianluca Pini, deputato e leader della Lega fra Ravenna e Rimini, cerca di trasformare il caos politico in una vicenda umana: «Capisco che in Romagna sia difficile per un dipendente di una società partecipata mettersi a fare politica contro il sistema ma la dignità imporrebbe di non nascondersi dietro scuse inverosimili». Il riferimento è alla Hera, la multiservizi di Bologna di cui Fosci è dipendente. E allora l'eretico risbatte la porta: «È vergognoso che si tiri in ballo il mio lavoro, la verità è che Pini non ha argomenti».
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