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L'esercito dei moderati: sfilano due generazioni tra big e nuove promesse. "La Regione sarà nostra"

Da Calderoli a Sardone, da Ronzulli a Perego Imprenditori e commercianti tifano Fontana

L'esercito dei moderati: sfilano due generazioni tra big e nuove promesse. "La Regione sarà nostra"

Facce famose e altre che non hanno mai bucato lo schermo di un talk.

Il filosofo Stefano Zecchi è un giornalista di razza come Vittorio Feltri che arriva con il ministro del turismo Daniela Santanchè. «Giorgia - Giorgia», gridano i fan quando la premier entra nel Dal Verme stipato di militanti, professionisti e candidati. Bandiere di Forza Italia e della Lega che sventolano numerose, anzi dominanti, all’ingresso di Matteo Salvini.

Ci sono Roberto Calderoli, il padre dell’autonomia, Giuseppe Valditara, intellettuale e saggista prolifico oggi seduto sulla poltrona scivolosissima dell’istruzione, e con loro Alessandra Locatelli, ministro alle disabilità.
Salvini srotola i cantieri che presto saranno strade e metropolitane e quinte corsie e ad applaudirlo ci sono Alberto Veronesi, direttore d’orchestra, pendolare fra Toscana e Lombardia, che fino a ieri stava dall’altra parte dell’emiciclo, e poi Silvia Sardone, giovane eurodeputata, emergente commissario della Lega a Milano e moglie di Roberto Di Stefano, sindaco di una Sesto San Giovanni che ormai non è più la Stalingrado d’Italia ma semmai una roccaforte dei moderati.

Le nuove generazioni che si mischiano con le precedenti: Mario Mantovani, volto storico del berlusconismo, oggi spostato sul versante di destra, e Matteo Perego di Cremnago, classe 1982, sottosegretario alla difesa nell’esecutivo Meloni.

Maria Rosa Racca, presidente dei farmacisti lombardi, ascolta i leader: di lei si era parlato come possibile sfidante di Giuseppe Sala per la poltrona di sindaco, poi non se n’era fatto niente, ma quel rapporto di stima con i vertici del centrodestra non si è interrotto e in futuro, chissà, potrebbero arrivare nuove sorprese.

Cartelli e vessilli. Volti che da sempre sono sulla piazza ambrosiana, come Riccardo De Corato, un tempo ai bordi del potere e ora nella direzione della corrente che pare irresistibile. Da FdI alla Lega e poi a Forza Italia e ancora alla Lega con Guido Guidesi che si è diviso fra Palazzo Chigi e Palazzo Lombardia, pure accreditato a suo tempo come possibile successore di Fontana quando non era ancora certa la ricandidatura dell’attuale presidente e si sfogliava il catalogo dei possibili nomi da spendere: lui o Letizia Moratti, poi uscita dal perimetro della coalizione.

Seconde file e prime con un posto fisso sotto i riflettori: Licia Ronzulli, da sempre con Berlusconi e oggi capogruppo azzurro al Senato. Con lei Alessandro Cattaneo che era una promessa quando giovane ingegnere era sindaco di Pavia, fra i più popolari d’Italia. Qualcuno aveva pronosticato una rapida eclissi, ma nella cornice dello storico teatro caro ai futuristi c’è anche lui, fresco capogruppo forzista alla Camera e faccia che sbuca nei salotti televisivi, una bussola per molti moderati che non vogliono cedere alla deriva dell’estremismo.

Pezzi di classe dirigente. Ecco Edoardo Rixi, salviniano e vice di Salvini al ministero delle infrastrutture, assolto in appello dopo nove lunghissimi anni dall’inchiesta sulle spese pazze della regione Liguria.
Impossibile citare tutti, da quelli ad alta caratura politica ai civici e ai tecnici che si affacciano sulla piazza lombarda: Gianni Verga, ingegnere, assessore all’urbanistica a Palazzo Marino e al Pirellone, e poi l’avvocato Luca Degani, membro del consiglio nazionale del Terzo settore, sulla frontiera difficile degli anziani e dei disabili, candidato con Fontana per rilanciare la tanto vituperata sanità territoriale, rilanciando con i necessari accorgimenti la formula del doppio binario: pubblico e privato accreditato.

Da rivedere ma non da buttare nel cestino.

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