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L'esperto: «Nelle condizioni attuali tra vent'anni spariranno gli eserciti»

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L'idea l'ha lanciata il ministro della Difesa, Mario Mauro: sostituire allo ius soli caldeggiato dalla Kyenge lo «ius naja», legando la concessione della cittadinanza agli immigrati a un periodo di servizio nelle forze armate. La proposta fa tornare alla mente il valore aggiunto del vecchio servizio militare, la capacità di integrazione. Ma Virgilio Ilary, presidente della Società italiana di storia militare, che della «naja» è uno dei massini esperti, non prende troppo sul serio l'ipotesi del ministro.
Quali problemi potrebbero esserci?
«L'idea contrasta con la riduzione dei numeri delle forze armate, visto che già così il reclutamento funziona, soprattutto in tempi di crisi. E diventerebbe complesso controllare i flussi, sapere chi entra in servizio. Quanto alla modifica della Costituzione, in realtà già oggi non c'è norma costituzionale che proibisca di dare impieghi ai cittadini stranieri. Ma che gli facciamo fare? E quali sarebbero i requisiti? Non penso che debbano fare i fanti dell'800».
Però l'idea «culturale» sembra quella di sfruttare la capacità di coesione e integrazione, ai tempi, il valore aggiunto della naja.
«Hanno vestito la divisa facendo il servizio militare ventiquattro milioni di italiani in 144 anni. E dodici milioni di loro hanno partecipato a guerre. La leva riguardava un numero sempre crescente. Aveva pervasività. Ma il problema è che era un'altra epoca».
Quale epoca?
«Un'epoca in cui la funzione dell'esercito era di difesa del territorio nazionale. Nel Dopoguerra gran parte di chi ha fatto il servizio militare finiva in Friuli, perché quella era la frontiera. La leva aiutava la società civile a integrarsi, a scoprire la coesione. Ma costringeva anche le forze armate a confrontarsi con la società civile e la sua evoluzione, il cambio di mentalità. Essere in grado di farsi seguire da persone comuni, da cittadini in divisa di ogni estrazione sociale e culturale, non era facile. Un ufficiale di oggi non sarebbe in grado di farlo. Era formativa per chi prestava servizio e per le forze armate. Ma quelle forze armate sono morte con la fine della guerra fredda. E la coda della leva, l'ultimo decennio, è stata come la lira».
Un ritorno al passato, oggi, non è pensabile?
«Direi di no. La leva aveva senso perché gli eserciti erano forze armate nazionali. Era tagliata sulle guerre mondiali. Ha avuto un perché fino al 1989, oggi i conflitti ci sono, ma sono economici. E gli eserciti sono coloniali: noi come europei svolgiamo il ruolo degli ascari. Combattiamo le guerre degli Usa, e talvolta quelle di due ex potenze coloniali come Inghilterra e Francia. Questo perché nell'Unione europea c'è un vuoto di sovranità, un vuoto che viene colmato da quei Paesi che la sovranità, appunto, ce l'hanno ancora».
Che cosa è rimasto del servizio militare?
«Nulla. L'esercito di oggi è una cosa completamente diversa. Oggi si vedono soldati che fanno guardia ai circoli o ai palazzi, solo per poter giustificare l'indennità di pubblica sicurezza. Sono cose, come la femminilizzazione delle forze armate, che fanno capire come ormai la funzione sia soprattutto occupazionale. La leva era una cosa seria, collegata all'esercito di mobilitazione. In caso di guerra voleva dire un milione di soldati, con un fronte da tenere. Oggi tutto questo non ha senso. Anche per una questione tecnologica: un solo cannone moderno fa il lavoro di un gruppo di artiglieria di diciotto pezzi».
Ma ci sono anche le missioni all'estero.
«Se una persona come la Bonino, che più di tutti ha propagandato il tribunale permanente contro i crimini di guerra, da ministro degli Esteri ha votato contro ogni tipo di intervento in Siria, è perché ha capito che non c'erano i requisiti per andarci. Lì, dove si combatte sul serio, non siamo capaci - non solo noi, parlo dell'Europa - di intervenire. Se non c'è politica estera a livello europeo, se non c'è uno Stato a livello europeo, non può esserci nemmeno una politica militare comune».
La naja resti dunque un bel ricordo. Con buona pace della proposta di Mauro.


«Quella mi sembra una mossa da vecchio politico per divincolarsi dalla polemica Bossi-Fini/ius soli. La leva è morta. Ma nelle condizioni oggi prevedibili, dubito anche che tra vent'anni continueranno a esistere le forze armate. Ormai è una cosa a perdere, a chiudere».

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