L'estremista si dà al cinema: lo Stato finanzia subito il film

L'ex leader di Potere operaio Franco Piperno interpreta don Mario: "Sì, sono un prete mancato". E dai Beni culturali piovono soldi

L'estremista si dà al cinema: lo Stato finanzia subito il film

«Serviva un prete per la scena del matrimonio e Max Mazzotta, il regista, lo ha chiesto a me. Evidentemente gli ricordo la figura del prete. E forse, sì, è vero: io sono un prete mancato...». In effetti nella vita Franco Piperno ha fatto tuttaltro, l'ideologo e leader del gruppo eversivo della sinistra estrema Potere Operaio (l'organizzazione responsabile della strage di Primavalle), il condannato in Cassazione a quattro anni per associazione sovversiva, l'accusato (tra le altre) di aver preso parte al delitto Moro, il carcerato a Rebibbia, il latitante poi tornato in Italia con un posto pubblico da professore all'Università della Calabria, per finire poi col dire in tv cose come: «I terroristi? Penso che siano moralmente ottime persone anche se hanno ucciso».

Lo Stato italiano, spesso generoso con chi lo voleva sovvertire, ha fatto un altro cadeau all'amico di Toni Negri e Renato Curcio. Visto che serviva un attore per la parte di Don Mario e l'ex terrorista non vedeva l'ora di cimentarsi col cinema («In giovinezza ho frequentato Bertolucci e uomini di teatro, ma nessuno mi ha proposto di fare un film»), perché non finanziare il film - uscito nei giorni scorsi, per ora solo in una sala di Cosenza - con i fondi del Mibac, il ministero dei Beni culturali? Detto, fatto. Una delibera della «Commissione per il riconoscimento dell'interesse culturale delle opere prime e seconde», ha valutato che per il debutto cinematografico di Piperno lo Stato dovesse elargire 500mila euro, mezzo milione del famoso Fus, il Fondo pubblico per la cultura che guai a toccarlo. «Il progetto - si legge nella motivazione ministeriale - impagina un caustico cineromanzo di formazione e di ritorno alle radici, serrato nel ritmo e coinvolgente nella trama, che alterna la voglia di ridere con occasioni da family pochade. Scritto con molto spirito goliardico, generoso e assolutamente esilarante, segna l'esordio alla regia del talentuoso attore leccese». E l'esordio al cinema per l'ideologo di Potere Operaio, in una piccola parte.

Il film si chiama Fiabeschi torna a casa, regia di Maximilian Mazzotta dai fumetti di Andrea Pazienza, prodotto con i soldi del ministero ma anche con l'aiuto di Rai Cinema, la direzione della tv di Stato. «Recitare è un'esperienza fondamentale - spiega il brigatista Piperno nel backstage - fa parte della vita, l'occasione della scena mette in rilievo come con la finzione, col travestimento, si possano dire cose vere che nella vita non si direbbero». Lui quel commento all'anniversario dell'11 settembre lo disse veramente, senza travestimenti: «L'attacco alle Torri Gemelle? Un evento dalla bellezza sublime» spiegò nel 2011 al Quotidiano della Calabria. Al Qaida? «Un pugno audace di intellettuali». La strage delle Twin Towers? Un momento epocale paragonabile «alla Sorbona occupata nel'68» o «alla caduta del Muro di Berlino». Perché «l'ammirazione dell'uomo libero va agli insorti, al coraggio temerario di chi si fa beffa della potenza tecnologica». I kamikaze di Al Qaida. Il Ministero e Rai Cinema hanno finanziato l'esperienza cinematografica di Piperno, secondo una prassi ministeriale già rodata. Ad agosto, al Festival di Locarno, ha vinto un premio «Sangue» film sul feroce brigatista Giovanni Senzani, assassino di Roberto Peci (ne filmò persino l'esecuzione) colpevole di essere il fratello del pentito delle Br Patrizio. Pensato e interpretato da Senzani (23 anni di carcere) e dal regista Pippo Delbono, il film - che ha scatenato un mare di polemiche - ha goduto di aiuti pubblici di vario genere.

Non solo RaiCinema («quanto?» chiede una interrogazione parlamentare) ma anche la Genova Liguria Film Commission (ente di Regione e Comune, entrambi centrosinistra), Mediateca ligure (ancora Regione), e poi il Teatro San Carlo di Napoli (ancora pubblico).

Come per «La prima linea», film sull'organizzazione armata di estrema sinistra anni '70, finanziato dal Mibac con ben 1,5 milioni di euro. «E sennò chi li produrrebbe questi film se non ci fosse lo Stato?» rispondono i paladini del Fus.

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