Milano - E alla fine Roberto Formigoni si è ritrovato da solo. In quello che è forse il giorno più scomodo di questa sua primavera che assomiglia ad un autunno, il governatore della Lombardia si trova a fare i conti con qualcosa di più imbarazzante che l’arresto di un assessore o uno stralcio di intercettazione. È la lettera di una donna che lo conosce bene. E che mette in piazza un ritratto spietato del Formigoni privato, quello delle debolezze personali, delle amicizie, delle vacanze, degli yacht, delle giacche gialle. Ottanta righe di curaro a pagina 17 del Corriere della Sera di ieri, che alle nove del mattino già si diffondono come un virus sui siti internet sui social network di tutta Italia. Passano le ore. Arriva la sera. E non si alza una sola voce amica a difesa del presidente lombardo. Nessuno che dica: no, il vero Formigoni non è questo.
A firmare la lettera al quotidiano milanese è Carla Vites, moglie di un vecchio compagno di militanza in Comunione e Liberazione del governatore: Antonio Simone, a lungo assessore lombardo alla Sanità, arrestato pochi giorni fa con l’accusa di avere succhiato decine di milioni alla Fondazione Maugeri, una holding ospedaliera riccamente convenzionata con la Regione. Insieme a Simone è stato colpito da ordine di cattura Piero Daccò, uomo da sempre legato a Formigoni. Il governatore non è indagato. Ma le accuse contro due uomini a lui così vicini hanno dato nuovo fiato alle opposizioni. E sono sembrate incrinare in qualche modo la rodata capacità di Formigoni di rapportarsi col sistema dei media. Tutto, infatti, inizia con una uscita di rara brutalità contro un cronista del Corriere, che Formigoni definisce testualmente «triste e sfigato». Insorge il direttore del quotidiano, che invita Formigoni a un faccia a faccia in redazione. Formigoni accetta. E, davanti a tutti, quasi nega di conoscere Daccò: «lo conosco da molti anni - dice - non ha mai avuto rapporti direttamente con me, ma con l’assessorato».
La reazione della signora Simone è temibile come sanno esserlo solo le donne arrabbiate. Scaricare Daccò, pensa, è il primo passo di Formigoni per scaricare anche Simone. Così Carla Vites prende carta e penna, e invia al Corriere il suo j’accuse contro il governatore: «Lo spettacolo dei suoi “rapporti” con Daccò è sotto gli occhi dei molti chef d’alto bordo dove regolarmente veniva nutrito a spese di Daccò stesso, vuoi Sadler, vuoi Cracco, vuoi Santin, vuoi Aimo e Nadia, per non parlare dei locali à la page della Costa Smeralda dove a chi, come me, accadeva di passare per motivi vari, era possibilissimo ammirare il nostro governatore seguire come un cagnolino al guinzaglio Daccò, lo stesso con cui non aveva rapporti diretti». E ancora «Robertino con Daccò si divertiva e tanto! Me lo vedo sul molo di Portisco arrivare diritto da Milano pronto ad imbarcarsi sullo yacht di Daccò dove le sue figliole lo attendevano con ansia pronte a togliersi il pezzo di sopra del bikini appena il capitano avesse tirato su l’ancora». La signora Vites-Simone concede a Formigoni solo di non avere incassato quattrini: «A lui bastava l’onore di essere al centro di feste e banchetti, yacht e ville. Che se ne dovrebbe fare dei soldi uno così narcisista? I soldi a lui non servivano. Tranne per qualche camicia a fiori o per una giacca orrendamente gialla». Fino all’accusa finale, quella di essersi fatto fotografare «mollemente adagiato su un letto megagalattico del Salone del Mobile, esibendo quel che resta di un fisico a suo tempo quasi prestante» mentre il suo migliore amico, ovvero Simone, resta chiuso in cella.
Ci vuole poco a capire come un ritratto così impietoso, proveniente da una persona calata appieno in Comunione e Liberazione, segni in profondità l’immagine del governatore. «Non rispondo mai alle signore», è l’unica replica di Formigoni alla lettera di Carla Vites, che gli ambienti vicini al Governatore considerano: «Inattendibile e inaffidabile». Secondo i formigoniani la signora avrebbe scritto mossa da un risentimento personale.
Ma subito dopo arriva il secondo colpo, anche questo dal mondo ciellino, con un editoriale del settimanale Tempi, dove il direttore Luigi Amicone, pur sostenendo che contro Formigoni è in corso un «linciaggio», dice senza mezzi termini che «farsi pagare un biglietto da duemila euro non sta bene per un governatore. E non stanno bene neanche le vacanze sugli yacht e la bella vita».
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