A parole, il presidente del nuovo «governo» europeo, il lussemburghese Jean Claude Juncker apre alla flessibilità nell'applicazione delle regole sui bilanci pubblici: «Non sono un feticista dei numeri - dice -, il Patto di stabilità non va modificato ma applicato con sensibilità. La flessibilità serve perché il treno europeo non deragli».
Ma è davvero un'apertura? Nei fatti l'impostazione europea resta rigorista. Lo testimoniano due fatti. Innanzi tutto, la conferma, da parte dell'Ecofin, degli «sforzi aggiuntivi» richiesti all'Italia per rispettare il Patto di stabilità. Nessuno slittamento del pareggio di bilancio dal 2015 al 2016. In autunno si prospetta una correzione molto pesante. Come farà Padoan, si chiede il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, a evitare una manovra correttiva da 20-25 miliardi? «Si tratta di una manovra da almeno un punto e mezzo di Pil - spiega Brunetta - da fare con la legge di Stabilità per il 2015».
Il secondo fatto è il «no» del commissario ad interim all'Economia, l'estone Siim Kallas, alla richiesta di Matteo Renzi di escludere dal calcolo del deficit tutte le spese per gli investimenti nel digitale. Se investo nelle infrastrutture digitali - dice il premier a Venezia - investo nel futuro, e non è un costo». Ma la porta Ue resta chiusa. «Non ci sono spese buone e spese cattive - precisa l'eurocommissario Kallas -: tutto dev'essere calcolato nel deficit». All'interno del governo italiano, fa eco Padoan, «c'è pieno accordo sul fatto che la crescita in Europa vada perseguita all'interno delle regole esistenti». Brunetta, parla di ennesima gaffe del premier, smentito a stretto giro di parole persino dal suo ministro dell'Economia. Quanto al programma di riforme annunciate da Renzi, il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem lo definisce «molto ambizioso, ma come tutta l'Europa - aggiunge - aspetto i risultati perché c'è tanto lavoro da fare».
Se la posizione italiana farà breccia, almeno in parte, lo vedremo nei prossimi mesi. Per il momento, l'Ecofin approva le nostre linee guida. Il dibattito politico-ideologico su crescita e rigore procede a stento. Si parla di flessibilità, come fa Junker, ma all'interno del quadro regolatorio dei trattati. Lo stesso ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, nel presentare all'Ecofin i programmi della presidenza di turno italiana, è assai prudente. Parla di «incentivi a realizzare le riforme» nei Paesi dell'Unione. «Si possono utilizzare gli spazi del Patto di stabilità - precisa - non cambiando le regole, ma utilizzando quelle che ci sono con lungimiranza».
È evidente che la strada che Renzi vuole perseguire durante la presidenza di turno è in salita. Ci pensa il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, a frenare ogni fuga in avanti, ricordando che «l'attenzione sulla crescita è giusta, ma le riforme non possono rappresentare una scusa per non continuare nel consolidamento delle finanze pubbliche». Secondo Padoan, all'interno dell'Ecofin c'è un accordo vasto sul fatto che di maggiore crescita hanno bisogno tutti in Europa, Germania compresa. «E Weidmann - aggiunge polemico nei confronti del presidente della Bundesbank - non fa parte del governo tedesco».
In mezzo a tante parole, un'unica notizia. Junker ha promesso che sarà superata la formula della troika Commissione-Bce-Fmi per la gestione delle crisi nei Paesi dell'area euro. Adesso, spiega, il Fondo monetario internazionale ha troppo potere.
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