Per una volta iniziamo dalla fine. Dalle 12.45, «disonorevole» orario di chiusura dell'udienza di ieri del processo Ruby. A Ilda Boccassini proprio non è andata giù che prima di pranzo fosse già tutto finito (così le sarà toccato andare a casa a mangiare. Presumibilmente aglio, olio e peperoncino senza nemmeno spaghetti, forse). Colpa «dell'incomprensibile strategia della Difesa» che convoca testimoni e poi vi rinuncia, colpa dell'avvocato Niccolò Ghedini, insomma, che la tira in lungo. Colpa di teste che sembrano «ectoplasmi» per la capacità di apparire e poi dissolversi. Mondi, stili, posizioni inconciliabili, in effetti, quelli di Ghedini e della Boccassini: uno che fa il baciamano perfino alle Olgettine, l'altra che ringhia ai giornalisti «state ostruendo il passaggio». Uno spigoloso d'aspetto e morbido di modi, l'altra ispida di entrambi. Le cravatte di Hermes e le collanine di corallo.
Nell'aula vuota già alle tredici si sente come una particella di sodio dell'acqua Lete, la Boccassini: c'è qualcuno? C'è nessuno?... Macchè... teste finiti. E allora si arrabbia. Tra certificati medici che si appellano a gravidanze e attacchi acuti di cervicale, l'aula va deserta dal primo pomeriggio. E dire che quelli che sono passati nelle ore predenti l'avevano già irritata abbastanza. Una le ha addirittura mandato il cuore a sbattere contro le tonsille. Dieci centimetri di tacco (ma almeno dodici quelli percepiti), il naso un po' presuntuoso e le idee chiarissime: «Per via di questo assurdo processo, non ho più trovato lavoro, quindi Silvio Berlusconi mi ha aiutata economicamente». È scattata in piedi dissentendo, la Boccassini, donna di battaglie, di rabbie e di pochissimi sorrisi: «La teste non può permettersi di definire assurdo questo processo». Osservandola prima dell'inizio dell'udienza, seduta sulla panca di legno assieme alla gemella, e alla nervosissima Cinzia Molena (ex Grande Fratello), non avremmo mai immaginato che la teste potesse tenere testa alle leonessa. E invece... Dentro, in aula, davanti al ruggito di Ilda, Marianna (nome inutilmente mansueto) ha deteriorato rapidamente ogni previsione. L'ex Meteorina si è voltata verso la presidente della Corte e ha ribadito per nulla intimidita: «Siccome durante questo processo sono stata definita una escort, mentre io sono una brava ragazza, secondo me questo processo è assurdo». Racconta di avere due genitori «servitori dello Stato» (il papà è poliziotto, la mamma lavora al Tribunale dei Minori) che le hanno trasmesso «valori importanti». E che se lei, loro, lei e la sua gemella Manuela, ricevuto aiuti da Berlusconi è stato solo perché si sono trovate davvero in difficoltà, soprattutto da quando è scoppiato lo scandalo. Ma questo lo aveva già spiegato sua sorella, appunto, e prima ancora la Molena: tutte accomunate da un'auto regalata (e poi rivenduta per riempire il frigorifero), dal ricordo di «serate normalissime» a casa di Berlusconi e da nessuna notte passata ad Arcore. Prima di loro era stata Maria Teresa Napoli, la psicologa che in 6 mesi ha avuto 15 colloqui con Ruby ad afflosciare gli entusiasmi dell'accusa: «Ruby viveva in suo mondo immaginario, perché la realtà le procurava dolore, era una forma autistica di difesa. Spesso diceva cose che non avevano riscontro nella realtà». E poi un altro amico di Ruby, Giuseppe Pennuto, jeans seconda pelle, pareva pettinato con i petardi ed era accompagnato dalla mamma: «Ruby? Di bugie ne ha dette così tante, ha creato castelli su castelli, non le ho dato credito. Forse voleva attirare l'attenzione su di sé...
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