L'ex ministro Usa rivela: «Pressioni di Bruxelles per far cadere Berlusconi»

L a democrazia sotto tutela, la sovranità nazionale sotto attacco, la volontà popolare sotto i tacchi. Prima il libro di Alan Friedman con la denuncia delle manovre «interne» con cui venne messo nel mirino un governo regolarmente eletto. Ora l'affondo dell'ex segretario del Tesoro americano, Timothy Geithner, che nel suo libro di memorie, Stress test, racconta senza mezzi termini il tentativo di coinvolgere gli Stati Uniti in un piano internazionale di matrice europea finalizzato a costringere Silvio Berlusconi alle dimissioni.
Il periodo preso in esame è il novembre 2011. In occasione del G20 di Cannes «funzionari europei» chiesero agli Stati Uniti di aderire a un «complotto» per far cadere Berlusconi. «Non possiamo avere il suo sangue sulle nostre mani, dissi a Barack Obama» racconta Geithner nel volume anticipato in Italia da La Stampa. «Volevano costringere Berlusconi a cedere il potere; volevano che noi rifiutassimo di sostenere i prestiti dell'Fmi all'Italia, fino a quando non se ne fosse andato». I ricordi dell'ex ministro iniziano con l'estate del 2010, quando «i mercati stavano scappando da Italia e Spagna». A settembre Geithner fu invitato all'Ecofin in Polonia e suggerì l'adozione di un muro di protezione finanziato da governi e banca centrale per impedire il default. Gli americani ricevevano spesso richieste per «fare pressioni». Così arrivò anche la proposta di far cadere Berlusconi: «Parlammo a Obama di questo invito sorprendente, ma per quanto sarebbe stato utile avere una leadership migliore in Europa, non potevamo coinvolgerci in un complotto come quello». Funzionari italiani tornando con la memoria a quel vertice, ricordano le pressioni congiunte di Francia e Germania sul governo italiano affinché chiedesse un prestito all'Fmi. Una circostanza svelata da José Luis Rodriguez Zapatero nel suo libro. «Angela Merkel mi chiese se fossi disponibile a chiedere una linea di credito preventiva di 50 miliardi all'Fmi mentre altri 85 miliardi sarebbero andati all'Italia. La mia risposta fu chiara e diretta: no». Qualcuno ricorda anche che Francia e Germania espressero a Obama dubbi sulla tenuta della maggioranza italiana. La risposta degli Usa fu ferma, con un invito a valutare che la situazione non era poi molto differente da quella francese o tedesca in termini di stabilità. Alla luce di quanto raccontato da Geithner sembra di capire che se l'Italia avesse chiesto il prestito, gli Stati Uniti avrebbero posto il veto e bloccato l'operazione, chiudendo in «trappola» il nostro esecutivo. Una ricostruzione duramente smentita in serata da fonti dell'Ue: «Geithner si è riferito a qualcuno altro, certamente non alle istituzioni Ue, non a Barroso, Van Rompuy o Rehn» che, in particolare a Cannes, «hanno difeso l'indipendenza dell'Italia» e «non volevano che andasse sotto amministrazione controllata, come invece chiedevano gli Usa».
A questo punto si attende che il governo Renzi batta un colpo. I segnali, però, somigliano a una scrollata di spalle. Federica Mogherini liquida la vicenda come «una questione che riguarda il passato». Una dichiarazione che fa scattare la rabbia di Forza Italia. Angelino Alfano si limita a un «valuteremo il da farsi». In controtendenza Gianfranco Fini. «Rivelazioni oggettivamente gravi e inquietanti. Il nostro governo chieda agli Usa chiarezza». E Renato Brunetta (Fi) scrive al capo dello Stato.

«È necessaria chiarezza. Il presidente della Repubblica spinga le istituzioni all'esercizio di un dovere di trasparenza e lealtà verso il popolo italiano. Il mio partito chiede a gran voce l'istituzione di una commissione di inchiesta».

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