Con l'ex Pci candidato premier si avvicina il ritorno del CavRESTANO COMUNISTI

Restano comunisti. Ancora una volta la sinistra sceglie la strada delle occasioni perdute. Ha vinto Bersani. Ha vinto il vecchio, la nomenclatura, l'apparato, la soluzione più facile, quella che permette a chi ha paura di ogni cambiamento ancora una volta di non mettersi in discussione. Ha vinto Bersani e ha perso il coraggio. Renzi può avere molti difetti, ma non c'è dubbio che è stata la sua sfida a rendere queste primarie qualcosa di più di una farsa già scritta o di un modo dispendioso per pesare le varie correnti del Pd e dei suoi alleati. Renzi è stato un avversario vero, uno con un progetto proiettato verso il futuro, uno che ha rotto la muffa e la litania sacerdotale della sinistra italiana. La vittoria di Renzi avrebbe chiuso davvero i conti con il passato, con tutte le scorie da prima o da seconda Repubblica, con l'antiberlusconismo ottuso e ideologico, con le nostalgie da tardo novecento, con quell'immobilismo suicida che ha affossato tutte le riforme di cui l'Italia da anni ha urgente bisogno. Renzi avrebbe anche strappato quel cordone ombelicale che ancora lega la sinistra al vecchio Pci, fantasma di un tempo andato a male. Renzi non avrebbe solo rottamato una classe dirigente fallimentare, ma anche (per dirlo alla Veltroni) innovato le idee e cambiato la cultura della sinistra, che da oltre vent'anni è prigioniera dei suoi pregiudizi e di una mentalità miope e ottusa.
Niente da fare. La sinistra ha preferito continuare a specchiarsi nel suo passato sempre più remoto, con l'illusione di vedersi giovane mentre ormai è una vecchia decrepita.

Renzi avrebbe potuto salvare il partito e la coalizione dalla maledizione di Dorian Gray, dai sepolcri imbiancati, da una cultura imbellettata fuori, ma marcia dentro. Invece ha vinto Bersani e così anche la sorte dei pochi dissidenti è segnata, come nel film «L'alba dei morti viventi».

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