Dimissioni contro il decreto liberalizzazioni. La protesta annunciata dai vertici dell’Associazione bancaria, rumorosa e senza precedenti in un mondo caratterizzato da sussurri e atmosfere felpate, è diretta contro la norma che cancella le commissioni bancarie sui fidi, approvata ieri in Senato: «È la goccia che ha fatto traboccare il vaso - accusa il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari - e se non sarà modificata costringerà le banche a rivedere l’intera politica creditizia nei confronti delle imprese e delle famiglie». Inoltre, gli istituti stranieri lasceranno l’Italia, «perché una norma così non esiste in tutta Europa».
Un gesto clamoroso, certo. Ma che arriva nelle stesse ore in cui il governo fa sapere che alla Camera è già depositato un emendamento al decreto semplificazioni, che modifica le norme incriminate, proprio nel senso auspicato dalle banche. «Se verificheremo che la volontà del Parlamento va nel senso delle istanze di Mussari - dice il sottosegretario alla presidenza, Antonio Catricalà - il governo non si metterà di traverso. Ma l’iniziativa - precisa - dev’essere parlamentare e condivisa dai partiti che sostengono il governo».
Lo stesso presidente dell’Abi è a conoscenza della situazione. «Abbiamo accolto la notizia con soddisfazione - dice - ma è la situazione generale che ci preoccupa: dovevamo dare un segnale forte, è ora di dire basta». E il vice presidente vicario Antonio Patuelli, dimissionario insieme con Mussari e l’intero comitato di presidenza dell’Abi, si dice pronto a un ricorso in Europa se la norma non sarà modificata. Ma perché è successo tutto questo? Mussari la vede così: «Forse non volevano essere additati come amici delle banche...». Ma aggiunge subito che l’azione del governo Monti è stata eccellente, «basta vedere lo spread».
Che le banche, a torto o a ragione, fossero insoddisfatte del clima ostile che da tempo le circonda, era noto da tempo. Pochi giorni fa, lo stesso Mussari aveva detto che «non è possibile indurre le banche a fare servizi gratuiti». Ma il testo dell’articolo 37 bis del decreto liberalizzazioni, modificato in commissione Industria del Senato e recepito integralmente nel maxi-emendamento del governo, ha colpito dritto al cuore il sistema creditizio. Il testo sancisce la «nullità di tutte le clausole, comunque denominate, che prevedano commissioni a favore della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido». Insomma, così le banche potrebbero intascare soltanto gli interessi. In origine, la nullità veniva applicata alle banche che non si adeguano alle norme sulla trasparenza. Poi la frase è saltata, e verrà ripristinata alla Camera in un altro decreto, quello sulle semplificazioni.
Un vero pasticciaccio brutto. Governo e Parlamento giocano a scaricabarile. «Graduare e interpretare la norma rientra nella discrezionalità del governo», osserva il relatore Simona Vicari (Pdl), mentre il secondo relatore Filippo Bubbico (Pd) sposa la tesi del malinteso. Per il ministro Corrado Passera, «la decisione spetta a Monti». Secondo il segretario Pd Bersani, «la norma, uscita da una febbricitante discussione notturna, va corretta». «Deciderà il governo», aggiunge il capogruppo Pd, Anna Finocchiaro. La Lega denuncia la cantonata presa dal governo dei professori. Per Palazzo Chigi, la modifica deve avere origine parlamentare e il governo non la ostacolerà. In conclusione, tutti sanno che la nullità delle clausole verrà legata soltanto al mancato rispetto, da parte delle banche, delle norme di trasparenza già fissate dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio.
Il decreto liberalizzazioni è stato approvato a larghissima maggioranza (237 sì e 33 no) dopo che il governo aveva ottenuto la fiducia.
La norma sulle banche avrà comunque vita brevissima, visto che ormai è certo che sarà presto cambiata. Così come avranno vita breve le dimissioni dei vertici dell’Abi: il comitato esecutivo dell’associazione è «compatto dietro il comitato di presidenza, ed è pronto a confermargli la fiducia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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