Roma - Benedetto XVI ha auspicato, indirettamente, che il suo successore abbia forza fisica e spirituale necessaria per guidare la Chiesa. Secondo la stampa internazionale, i temi in primo piano sono le liti nella Curia romana, la conoscenza del «dossier Vatileaks» elaborato da tre cardinali incaricati dal Papa, la situazione delle finanze vaticane, gli scandali sessuali; minore importanza viene attribuita a temi più essenziali alla vita della Chiesa, come l'anno della fede, il dialogo ecumenico, le sfide della scristianizzazione.
Ma i cardinali, quelli che si apprestano a votare il 265° successore di San Pietro, che cosa dicono? Quale identikit preparano del collega chiamato a guidare i cattolici? Oggi cominciano le Congregazioni generali, in cui potranno conoscersi e discutere. Alcuni orientamenti stanno già emergendo. Prende corpo la possibilità che l'eletto non sia «né italiano né europeo», dice lo sloveno Franc Rodé, 78 anni, che unisce esperienza pastorale (fu arcivescovo di Lubiana) e di Curia (ha guidato la Congregazione per gli istituti religiosi). «La maggior parte dei cattolici vive nell'emisfero meridionale, in America Latina e in Africa dove la Chiesa cresce molto rapidamente. Ma più di tutto servirà coraggio perché il papato richiede forze immani, specialmente nel mondo globalizzato dove i media hanno un'influenza enorme e si fanno pressioni da tutte le parti. Io già penso a uno - ammette Rodé - ma prima devo vedere che cosa ne pensano gli altri, e aspetto anche ulteriori informazioni».
«Per l'Africa la principale sfida è sapere come la Chiesa può essere efficace in un luogo dove la famiglia e le comunità si stanno disintegrando, tra la violenza, l'Aids, la povertà, i conflitti», dice il sudafricano Wilfried Fox Napier, 71 anni. Che fissa un altro paletto: il Pontefice non deve provenire dalla Curia. C'è bisogno di «un Papa vibrante, che dimostri che la Chiesa e la fede sono vive. In altre parole, un pastore». E gli scandali? «Non mi sorprende che in Vaticano ci sia gente ambiziosa».
Dello stesso parere il colombiano Rubén Salazar Gomez, creato cardinale appena tre mesi fa e considerato un «outsider» tra i papabili. I chiarimenti su Vatileaks saranno «importanti ma non troppo: la Chiesa è tutt'altro. In questo momento la questione fondamentale è l'evangelizzazione, e anche la nuova evangelizzazione nelle terre che già avevano ricevuto l'annuncio cristiano». Viceversa un altro latinoamericano, l'honduregno Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, papabile già nel conclave del 2005, non intende sorvolare sugli scandali che hanno scosso la Santa Sede negli ultimi due anni: «Se siamo un collegio, se siamo confratelli dobbiamo sapere cose su cui, per la lontananza e per il nostro lavoro particolare, non abbiamo abbastanza informazioni».
Un pezzo grosso della Curia, l'argentino Leonardo Sandri, capo del dicastero delle Chiese orientali, colui che annunciò la morte di Giovanni Paolo II, ritiene che il nuovo Papa dovrebbe «aprire alle donne, dando loro più posizioni di leadership nel Vaticano» anche se ciò non significa ammetterle al sacerdozio. Quanto alle doti del candidato, non dovrebbe essere scelto in base al passaporto ma dev'essere «un uomo santo, capace di guidare la Chiesa in un tempo di crisi, di comunicare, di governare per esperienza personale e di circondarsi di persone che possano aiutarlo». Una delle sfide da affrontare, dice Sandri, sarà anche «cercare di riportare a Dio e alla Chiesa dei loro padri quanti hanno perso la fede».
Gli 11 cardinali statunitensi, alcuni dei quali sono tra i «front-runner» (come Dolan di New York, Wuerl di Washington e O'Malley di Boston) immaginano un Papa che sia «capace di insegnare e comunicare bene» come dice Daniel DiNardo (Houston), «di fede profonda, capace di toccare il cuore dei giovani e continuare l'opera della nuova evangelizzazione», aggiunge O'Malley.
Le istanze sono parecchie e l'identikit non è ancora ben formato. Le Congregazioni che prendono il via stamattina serviranno per mettere a punto le linee guida. I cardinali si prenderanno parecchio tempo, probabilmente tutta la settimana, in modo da arrivare al conclave preparati, possibilmente con una rosa di nomi già formata in modo da non prolungare troppo l'elezione: ciò darebbe l'idea di una Chiesa divisa. Alle Congregazioni «ognuno può prendere la parola e intervenire liberamente», spiega il portoghese José Saraiva Martins, «c'è la massima libertà di parlare di ogni argomento», compreso Vatileaks: «Le Congregazioni penso serviranno anche a questo, ma sarà un chiarimento fraterno.
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