L'Ilva riapre le porte E i giudici confiscano tutta la produzione

"Accolto" il decreto del governo: impianti subito dissequestrati. Per la Procura, l'acciaio lavorato negli ultimi mesi "è frutto di reato"

Veduta esterna dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto
Veduta esterna dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto

Roma - La proprietà dell'Ilva di Taranto torna in possesso degli impianti sequestrati lo scorso 26 luglio. Ad appena due giorni dal decreto legge del 3 dicembre cosiddetto salva-Ilva, i magistrati non possono far altro che applicare la norma appena approvata. Su richiesta dei legali dell'azienda la procura reimmette tecnicamente la famiglia Riva nel possesso degli impianti «a caldo» che erano stati bloccati per disastro ambientale. Il provvedimento è stato firmato dal procuratore, Franco Sebastio, dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Remo Epifani. L'acciaieria può così continuare a produrre, ma a patto che contemporaneamente adempia alle prescrizioni di tutela ambientale previste dal decreto. Il mancato rispetto dell'accordo può comportare una multa fino al 10% del fatturato. La procura ha poi valutato la seconda istanza Ilva, quella di reimmissione in possesso dei prodotti semilavorati sequestrati sulle banchine del porto, circa 1800 tonnellate, la produzione degli ultimi quattro mesi. Ma in questo caso il parere è stato negativo, e inviato al gip del Tribunale Patrizia Todisco per la decisione. La motivazione è stata che il decreto «non ha valore retroattivo» e non vale quindi «per l'attività con la relativa produzione avvenuta prima dell'entrata in vigore della nuova norma». Produzione che è stata frutto di reato, «contra legem», scrivono i magistrati.
Già dalla mattina tutti i comitati ambientalisti di Taranto si erano presentati sotto la prefettura. La Procura non aveva ancora firmato il provvedimento, ma gli ambientalisti avevano anticipato la decisione con un sit in contro il governo per contestare un decreto legge che definiscono «incostituzionale». E infatti, costituzione in mano, sono rimasti fino alle cinque del pomeriggio in strada. È la prova generale in vista della manifestazione, più strutturata, del 15 dicembre, sempre contro il decreto del governo. I sindacati avvertono l'azienda: «Ora l'Ilva non ha più alibi per cui deve investire proprie risorse finanziarie, per le quali si è anche impegnata con il Governo, rispettando tutti i contenuti del Decreto che ha previsto ulteriori sanzioni in caso di inadempienze», scrivono le segreterie Cisl e Fim Cisl di Taranto in una nota. Il provvedimento della procura concede all'azienda «di continuare a produrre, ma ambientalizzando lo stabilimento, così come prescritto nel Decreto Aia».
Ieri tra l'altro all'Ilva si è verificato un incidente sul lavoro. Un operaio è rimasto ferito in uno scontro di manovra tra un carrello e un camion. È stato portato in ospedale, ha numerose contusioni sul corpo ma non è grave.
Dopo il sì della procura, ai sindacati è stato comunicato che riprenderà la marcia di alcuni reparti. Riaprono la finitura nastri, il treno nastri uno e il tubificio uno. Il treno nastri due, invece, sarà rimesso in moto tra giovedì e venerdì. In fabbrica torneranno quattromila lavoratori che erano finiti in ferie forzate. «È una cosa assolutamente normale, va bene. I magistrati stanno applicando la norma, non c'è nulla di straordinario», ha commentato la riconsegna degli impianti il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. Da questo momento in poi «naturalmente devo attivare tutte le iniziative già previste - ha poi sottolineato - per il monitoraggio del rispetto degli impegni che l'Ilva ha preso per il risanamento».


Da parte sua l'azienda ha avvertito i sindacati che le scorte di materie prime sono ridottissime, e che potrebbero bastare per «cinque o sei giorni al massimo». La scarsa presenza di minerali sarebbe dovuta al divieto allo scarico oltre le 15mila tonnellate imposto dai custodi giudiziari, oltre che ai danni subiti dalle gru per il tornado di mercoledì scorso.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica