Il pratone di Pontida sarà oggi umido di pioggia. Era secco da un bel po', è due anni che la Lega Nord non ci tornava. Dodici mesi fa, proprio di questi giorni, si consumava la rivoluzione del Carroccio: Roberto Maroni silurava a uno a uno gli avversari nel partito, a cominciare da Umberto Bossi, il fondatore, il grande capo, il condottiero. Infilzati a un manico di scopa, simbolo della grande pulizia che Bobo aveva inaugurato. Sono caduti il Senatur, suo figlio Renzo «Trota», Rosi Mauro (la «badante» come veniva beffeggiata), il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni e quello al Senato Federico Bricolo, e giù giù fino ad amministratori locali, capi e capetti di sezione travolti da scandali, inchieste e comportamenti inaccettabili per un partito che nel Dna doveva avere un codice di diversità da tutti gli altri. Oggi il Carroccio si ritrova sul «sacro suolo». Sarà un raduno completamente diverso dai precedenti, e non solo perché è stato anticipato da giugno ad aprile. La Lega è diventata un'altra. È sparita la Lega dei sogni rivoluzionari, dell'indipendenza e del federalismo. Cancellati gli eccessi folcloristici, al nuovo corso non piacciono più i massicci militanti vestiti da Obelix con tanto di corna in testa, e neppure le nostalgie celtiche e misteriche le quali facevano pensare che l'adesione al movimento equivalesse a un'esperienza religiosa. La Lega è diventata un partito di buoni amministratori, che bada al sodo, a governare regioni e città, a strutturarsi come partito. Ma deve anche pensare a riconquistare il terreno perduto. Nel 2011, all'ultima Pontida, il Carroccio conservava un buon bottino di voti, appena un anno prima aveva conquistato i governatori di Veneto e Piemonte. Oggi ha centrato il tris, Maroni è presidente della Lombardia, risultato storico e forse irripetibile raggiunto però a prezzo di perdere parecchio consenso e, così pare, di una imminente scissione.
Bossi ci sarà. Non farà mancare il saluto al popolo delle camicie verdi. Ma voci sempre più insistenti assicurano che ha pronto un partito alternativo, e forse darà l'annuncio proprio oggi. Con lui ci sarebbe tutta la vecchia guardia, il «cerchio magico» che lo sosteneva fino all'anno scorso, e tutti gli scontenti della gestione Maroni. Sono parecchi, soprattutto in Veneto ed Emilia Romagna. In Veneto, dove alle elezioni di febbraio tanti suffragi leghisti sono finiti a Grillo, c'è una forte fronda a Flavio Tosi, segretario regionale; sotto il Po non tollerano il «padano-centrismo» di Bobo che ormai parla soltanto di macroregione del Nord tra Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli abbandonando le regioni (per le camicie verdi Emilia e Romagna sono entità separate) dove la Lega stava crescendo impetuosamente. «Stronzate», dice Maroni a proposito delle indiscrezioni circolate. «Tutte le forze devono unirsi direzione della macroregione. Se qualcuno ha idee diverse, va beh... si accomodi pure, faccia quello che vuole».
Maroni e i suoi hanno organizzato le cose per bene. Hanno scelto il 7 aprile perché è l'esatto anniversario del giuramento dei comuni lombardi contro Federico Barbarossa del 1167. Pullman sono in arrivo da Toscana, Marche e perfino Umbria (Città di Castello), oltre che naturalmente da tutte le regioni del Nord. Roberto Calderoli ha annunciato «grandi novità» per la macroregione e anche Maroni garantisce che «si aprirà una fase nuova». Il messaggio che lancerà oggi è che «il centro della nostra azione politica, il nostro baricentro si è spostato al nord. A Roma terremo soltanto una delegazione». «Si volta pagina - ha assicurato il segretario a Radiopadania - comincia una nuova storia, tutta da scrivere. Non sarà come le altre Pontide. D'ora in avanti la costruzione della macroregione impegna le forze della Lega».
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