Roma - Dal Quirinale stavolta arrivano parole incandescenti: «Atroce è il mio rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose cui era stato di recente pubblicamente esposto». Napolitano, «sconvolto» per l'improvvisa morte di Loris D'Ambrosio, consulente giuridico della presidenza della Repubblica, calibra attentamente le parole anche quando ricorda la storia personale del magistrato «prezioso collaboratore mio come già del mio predecessore»: «Infaticabile e lealissimo servitore dello Stato democratico, impegnato in prima linea anche al fianco di Giovanni Falcone nel costruire più solide basi di dottrina e normative per la lotta alla mafia».
L'indirizzo di Giorgio Napolitano è chiaro: i sospetti su D'Ambrosio partiti dall'inchiesta della Procura di Palermo e quindi cavalcati dalla stampa e da alcuni partiti. Il capo dello Stato si era già mosso nei confronti del pool di Palermo, a metà luglio, affidando all'avvocato generale dello Stato l'incarico di sollevare il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo «per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del capo dello Stato». Decisioni che il presidente ha considerato, «anche se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione». Giudizio opposto a quello di Ingroia che invece ritiene utilizzabili quei nastri (anche se su D'Ambrosio ora dice: «Lo conoscevo da anni e lo apprezzavo come magistrato, sono il primo ad essere addolorato»).
Ma al conflitto tra Quirinale e Procura si è aggiunta una campagna politica, in particolare da Di Pietro. Che, chiamato in causa, immediatamente replica: «Esprimiamo cordoglio e rispetto - dice il leader Idv, in piena sintonia con l'amico pm Ingroia - ma respingiamo con fermezza al mittente ogni strumentalizzazione che ne viene fatta, quasi a voler far credere che la colpa sia di chi ha criticato il suo operato e non di chi ha tentato di sfruttare il suo ruolo». Di Pietro aveva appena finito di attaccare Napolitano in Aula, accusandolo di «utilizzare la Costituzione solo quando gli fa comodo», mentre «il compito del presidente della Repubblica è quello di difenderla» sempre.
Di Pietro è l'unico a scagliarsi duramente contro Napolitano, se si eccettua Grillo che sul suo blog parla di «confino» in Guatemala per Ingroia e lo associa alle «pressioni di Mancino e di Napolitano, che vorrebbe distrutte le intercettazioni tra il Quirinale e l'ex ministro degli Interni».
L'Associazione nazionale magistrati diffonde una nota di cordoglio, che insieme alle parole di circostanza contiene un messaggio chiaro sottolineando «la professionalità del collega, per lunghi anni prestata, con dedizione e fedeltà assolute, a servizio della magistratura e delle istituzioni», e lo stesso fa Ilda Boccassini, procuratore aggiunto di Milano, che al Tg di La7 definisce «violenti e ingiusti» gli attacchi di cui è stato «bersaglio» D'Ambrosio, che invece ha «salvato l'integrità della magistratura». Il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, anche a nome dell'intero Consiglio superiore della magistratura, rimarca il servizio «sempre irreprensibile» di D'Ambrosio.
Una lettura politica delle parole del capo dello Stato arriva dal centrodestra, che nella battaglia contro i pm militanti trova un'inaspettata sponda nel Colle. La più diretta è Daniela Santanchè, su twitter: «I pm hanno fatto un altro morto: D'Ambrosio. Fermiamoli».
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