Dopo anni di paralisi, una cosa sembra certa: entro giovedì prossimo la nuova legge elettorale sarà licenziata dalla Camera.
L'Italicum vedrà la luce in poche ore (22 secondo il calendario contingentato stabilito a Montecitorio) almeno in un ramo del Parlamento. Ma la sua via crucis è tutt'altro che finita. Il fronte dei nemici della riforma renziana è vasto e agguerrito e può contare su una cospicua fronda interna allo stesso Pd, che aspetta Matteo Renzi al varco: «Il premier ha assicurato a Berlusconi una cosa e ad Alfano il suo opposto: ora deve scoprire le carte», dicono dalla minoranza democrat. Il nodo resta sempre lo stesso: gli alleati Ncd - e un pezzo di Pd - vogliono che l'Italicum entri in vigore solo a compimento delle riforme costituzionali (Senato e regionalismo), come chiede l'ormai noto emendamento Lauricella presentato da un deputato Pd, mentre Berlusconi chiede che sia varato subito. Quanto a Renzi, il premier ha tutto l'interesse ad avere in tempi rapidi la pistola carica delle elezioni, per tenere a bada la sua maggioranza. Lunedì sera, alla vigilia delle votazioni che inizieranno martedì, i deputati Pd sono convocati in assemblea. Renzi non ci sarà, ma dovrà dare un'indicazione chiara: «Altrimenti», dice il lettiano Francesco Boccia, «in aula si rischia di ballare la rumba, con i voti segreti». Nel suo discorso di insediamento alle Camere il presidente del Consiglio si è tenuto sul vago, parlando di un «nesso» esclusivamente «politico» e non giuridico tra legge elettorale e riforma del Senato. Il renziano Roberto Giachetti prevede che verrà confermata la linea già espressa dal segretario all'inizio dell'iter dell'Italicum: «Si chiederà il ritiro degli emendamenti non condivisi dalle altre forze politiche con cui si è concordata la riforma». Pollice verso dunque per il «lodo Lauricella», rigettato da Forza Italia. E chi sperava di farlo passare contando sul voto segreto, ieri è stato smentito dagli uffici della Camera: «Essendo una norma transitoria, verrà votata a scrutinio palese», annuncia Giachetti. Gli alfaniani però non ci stanno: «Con noi Renzi ha preso l'impegno di agganciare l'Italicum ai tempi della riforma del Senato e lo deve mantenere», ripete da giorni il ministri Lupi. E proprio al Senato sta venendo allo scoperto una fronda anti-Italicum di 25 senatori Pd, firmatari di un documento promosso dal lettiano Francesco Russo, pronti ad unire le proprie forze a quelle dei 30 senatori Ncd: «Non ci fidiamo di Berlusconi, che un attimo dopo aver ottenuto la legge elettorale potrebbe mandare all'aria le riforme, sfilare parlamentari ad Alfano e far cadere il governo per puntare al voto anticipato», spiega Russo.
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