Lockdown Covid, spunta la riunione segreta con Conte

Un ex componente del Cts rivela: "Fummo noi a chiederla". Ma le carte lo smentiscono. "Fu decisa insieme a Conte", ma dell'incontro non c'è un verbale

Lockdown Covid, spunta la riunione segreta con Conte

Spunta una riunione segreta prima del lockdown di marzo 2020. Un lockdown strombazzato molte ore prima - tanto che le stazioni del Nord vennero prese d’assalto - per una fuga di notizie su cui non si è mai indagato abbastanza. Ma ciò che non ha scoperto l’inchiesta della Procura di Bergamo su epidemia colposa e mancata Zona rossa conseguente alla mancata applicazione del Piano pandemico lo si è saputo oggi in commissione Covid (presieduta dal Fdi Marco Lisei) con l’audizione di uno degli ex membri del Cts.
Luca Richeldi oggi è il direttore dell’Unità operativa complessa di Pneumologia e del Cemar (Centro malattie dell’apparato respiratorio) del Policlinico universitario Agostino Gemelli. Da componente del Comitato tecnico scientifico, voluto da Roberto Speranza per gestire la pandemia, lo scienziato oggi ha fornito la sua versione: «Il lockdown nazionale? Lo ha chiesto il Cts», dichiara Richeldi, che però ignorava di trovarsi di fronte diversi parlamentari di centrodestra e centrosinistra molto preparati e molto documentati.

A stanare Richeldi è stato la senatrice Antonella Zedda, vicepresidente Fdi, che avendo spulciato i verbali ha chiesto a Richeldi dove fosse scritto che il Cts aveva chiesto la chiusura totale dell’Italia. Anche perché l’unica richiesta di chiusura che si legge nei verbali è quella avanzata dal Cts il 7 marzo 2020, prevedeva la chiusura totale della Lombardia e di altre 14 province limitrofe. Zedda non le manda a dire e porta a suffragio come fonti anche due libri scritti da autori non certamente affini a Fratelli d’Italia: Nel palazzo bianco: Una squadra al ministero, scritto dall’ex portavoce di Speranza Nicola Del Duce; e Scimmie al volante sulla crisi del Covid-19, scritto a quattro mani dai giornalisti di «Repubblica» Marco Mesurati e Fabio Tonacci.

Due libri che sul lockdown nazionale arrivano alla stessa conclusione: «È stato deciso proprio dopo le immagini della fuga da Milano di moltissimi cittadini verso le città del Centro e del Sud». Zedda si prende anche la premura di leggere per filo e per segno quanto riportato dai due giornalisti di «Repubblica»: «La presidenza del Consiglio, allertata dal Comitato tecnico scientifico e pressata dal ministro della Sanità Roberto Speranza, si convince della necessità di chiudere la Lombardia e altre quattordici province del Nord Italia». [...]«Intorno alle otto di sera, prima ancora che il decreto sia pronto nella versione finale, una manina esperta consegna la bozza ai giornali. Come in un film apocalittico, nel Paese scoppia il panico. L’intercity 797 Torino-Salerno viene preso d’assalto all’altezza della stazione ferroviaria di Milano Porta Garibaldi da centinaia di persone terrorizzate dalla prospettiva di rimanere intrappolate al Nord. La stessa scena si ripete alla Stazione centrale, dove nel cuore della notte deve intervenire la polizia».

Da queste circostanze è chiaro che il Cts non avesse mai formulato un parere per un lockdown nazionale (anzi, proprio il contrario) e che il lockdown nazionale non fu deciso sulla base di dati epidemiologici, ma in conseguenza della divulgazione evidentemente colposa da chi aveva accesso alla formulazione dei famigerati decreti della presidenza del Consiglio dei ministri.

Chi mai poteva avere accesso alle bozze dei Dpcm se non chi formulava quelle bozze? Zedda lo chiede a Richeldi che ribadisce: «L’ipotesi del lockdown nazionale è stata formulata nella sede della Protezione Civile con presente il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. È chiaro che non è stata una raccomandazione decisiva, ma è stata delineata come una chiusura che avrebbe essere necessaria in quel momento». «Sui Dpcm - continua Richeldi - non so se il coordinatore del Cts fosse coinvolto. Non credo che questi Dpcm fossero scritti o elaborati nella sede della Protezione Civile». Ma Zedda non demorde e chiede a Richeldi se in sede di Cts fosse stato fatto un approfondimento su chi avesse potuto divulgare quella bozza: «Non è stata fatta nessuna indagine perché io personalmente davo per scontato che nessuno di noi lo avesse fatto». Chi aveva interesse a divulgare quella bozza di Dpcm dagli uffici preposti, che come ricorda Richeldi, non stavano in Protezione Civile, ma da altre parti dove si scrivono i decreti di competenza della presidenza del Consiglio?

È Alfonso Colucci (M5s) a far notare che la Cnn avrebbe pubblicato la notizia dell’imminente Dpcm dopo avere ricevuto la bozza dall’ufficio stampa di Regione Lombardia, di fatto accusando i giornalisti della fuga di notizie. Ma Colucci nella sua foga di salvare Conte si dimentica di far notare che proprio la Cnn aveva successivamente diramato un comunicato spiegando di essersi limitata a riportare notizie che in Italia già erano state riportate. Il punto rimane uno ed uno soltanto: chi da Roma ha fatto uscire quella bozza e perché lo ha fatto?

Ma non è finita qui. Insospettito dalle dichiarazioni di Richeldi, il presidente Lisei è andato a rivedersi i verbali del Cts e si è accorto che qualcosa non quadrava: «Le chiedo uno sforzo di memoria perché quello che lei ci ha rappresentato rispetto alle sedute del Cts di marzo sulla decisione del lockdown nazionale non mi coincide in alcuna maniera con i verbali del Cts. C’è un verbale del Cts del 7 marzo. L’8 marzo non c’è un verbale del Cts, poi c’è un verbale del 9 marzo, quando entra in vigore il lockdown nazionale. Nel verbale del Cts del 7 marzo non vi è alcuna menzione di una richiesta di un lockdown nazionale e non si da atto della presenza dell’allora premier Conte. Quindi non c’è nessun verbale del Cts in cui il Cts si esprime sul lockdown nazionale. E questo va in contraddizione con quello che lei ha dichiarato prima, ovvero che vi siete espressi».

Nella commissione è sceso il gelo, ma il meloniano non si è fermato: «Nel verbale del 7 marzo vi esprimente sull’estensione del lockdown alla Lombardia ed altre 14 province. Punto. Mi conferma che ci sia stata una riunione del Cts - a questo punto non so quando - o un altro tipo di riunione dove si è parlato del lockdown nazionale e che era presente il Presidente del Consiglio Conte? Conte non era presente né il 7 marzo né il 9 marzo che poi é successivo al lockdown nazionale». A quel punto Richeldi, visibilmente in difficoltà come si è visto durante la diretta dell’audizione sullo streaming della commissione Covid, è costretto a svelare l’arcano: «Io mi ricordo una riunione in cui al presidente Conte, credo anche accompagnato da uno o due ministri [...]in cui in una sala superiore della Protezione Civile, esprimemmo che sulla base dei dati epidemiologici che stavano emergendo sarebbe stata necessaria una misura più ampia di quella che invece sarebbe stata presa».

Lisei non ci sta: «Era una riunione del Cts o era un incontro riservato? Perché altrimenti ci manca un verbale...». Richeldi specifica: «Per quello che mi ricordo questa riunione non si tenne nella sala operativa della Protezione Civile, dove di solito si tenevano le riunioni del Cts, ma in una sala superiore. Quindi è anche possibile che quella sia anche stata considerata non una riunione del Cts, il 7 o l’8 di marzo».

Chi c’era a quella riunione segreta oltre a Conte e qualche membro del Cts? Chi ha fatto circolare le bozze del Dpcm sul lockdown, con una fuga di notizie che ha vanificato il contenimento dei contagi? Le prossime audizioni in commissione Covid dovranno cercare queste ed altre risposte a domande inevase ormai da quasi sei anni.

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