Elezioni Amministrative 2012

La Lombardia alla prova delle urne: Pdl contro Pd e antipolitica

Due giorni per scegliere i sindaci in 26 Comuni milanesi. Il Carroccio va da solo e i democratici guardano a Idv e Sel

La Lombardia alla prova delle urne: Pdl contro Pd e antipolitica

Con la Lega che per volontà di Umberto Bossi ballerà da sola, per il Pdl che attende la mutazione politica voluta da Silvio Berlusconi e già annunciata da Angelino Alfano, il voto di domani e lunedì apre un nuovo capitolo elettorale. Soprattutto in Lombardia, dove le alleanze strette con l’Udc potrebbero (o vorrebbero) essere già il germe di quel fronte dei moderati, modello Partito popolare europeo, che proprio tra i big lombardi ha gli sponsor più convinti. E non a caso proprio a Monza, nel ventre molle della Brianza che produce una bella fetta di Pil ed è termometro degli umori dell’elettore tipo, Berlusconi ha fatto la sua unica uscita elettorale. Agitando lo spettro dei comunisti, con la sua «discesa in campo» del 1994 per «salvare l’Italia da quelli veri, quelli del Pci». Perché «oggi si chiamano diversamente, ma non sono meno pericolosi».
Centoventisei i Comuni alle urne per eleggere sindaci e consigli comunali, 26 in provincia di Milano (di cui 12 sopra i 15mila abitanti) e 8 a Monza e Brianza (4 sopra i 15mila). Due capoluoghi, Monza e Como. Oltre un milione di lombardi a un voto che alla vigilia mai è stato così frammentato: diviso tra vecchi partiti, nuovi campioni dell’antipolitica pronti a sbancare e liste civiche che diventeranno l’ancora di salvezza per attenuare i prevedibili flop di formazioni che hanno già annunciato il loro imminente restyling già all’indomani dei risultati. Perché questa volta la paura dell’esame è davvero tanta, soprattutto in una regione spazzata dalle indagini giudiziarie che hanno menato forte sia a destra che a sinistra tra sanità, piani urbanistici, appalti, cave, materiali di scarto nocivi interrati sotto le autostrade e perché no, anche serate «di burlesque» a casa Berlusconi. Con la differenza che l’uomo forte dell’ex Pci oggi Pd Filippo Penati (già capo della segreteria di Pierluigi Bersani) ha sulle spalle un avviso di garanzia per corruzione e tangenti in quello che ormai è chiaro essere stato per lustri il «sistema Sesto», un verminaio di reati in nome della calce e mazzetta rossa, mentre a carico del governatore Roberto Formigoni e della sua giunta (a parte una lievissima irregolarità formale per Romano La Russa), almeno per ora non c’è nulla. Non c’è comunque dubbio che undici consiglieri regionali finiti nelle grinfie della giustizia, costituiscano un buon viatico per chi vorrà brandire il randello, come dipietristi e grillini accomunati da un unico «dagli alla casta». Con «il solo risultato - dice Mariastela Gelmini, ex ministro e oggi responsabile del Pdl per le elezioni - di buttar via la politica buona insieme a quella cattiva». E «di condannarci a tanti governi tecnici, come quello di Monti».
Ma sul centrodestra si è abbattuto anche il tornado Lega. Con le spaccature tra maroniani contro «cerchio magico» prima e i guai giudiziari dopo, in mezzo ai quali Bossi ha deciso di rompere dappertutto l’alleanza con il Pdl. Una decisione che sarà decisiva soprattutto in Lombardia, dove proprio i candidati comuni avevano per anni garantito al centrodestra un buon bottino di sindaci. Ora non sarà più così. A cominciare da Monza, dove fino all’ultimo il borgomastro leghista Marco Mariani, medico e amico personale di Bossi, ha cercato di convincerlo al matrimonio con il Pdl. Niente da fare, le strategie romane del Carroccio hanno mandato tutto all’aria, convincendo Berlusconi a puntare su un nome pescato dal mondo delle professioni come Andrea Mandelli, il presidente dei farmacisti italiani. Partito tardi con la campagna elettorale, ora i sondaggi lo danno in grande ripresa, tanto che in molti nel Pdl cominciano a credere a un secondo turno in cui recuperare i voti leghisti e battere le sinistre (al plurale) di Roberto Scanagatti. «Noi andremo al ballottaggio ovunque - ha previsto il coordinatore regionale del Pdl Mario Mantovani - e la Lega starà a guardare. Ci auguriamo che al secondo turno sappiano trarre delle conclusioni dopo le indicazioni degli elettori». Di «scelta sbagliata» per la Lega ha parlato anche Berlusconi. «E saranno le urne a dirlo, a cominciare proprio da Monza».
Perché per molti analisti proprio la Lombardia sarà il vero laboratorio per capire dove andrà la politica. E non a caso i comuni su cui più punta il centrodestra, vedono candidati appoggiati dall’alleanza Pdl-Udc. Come Desenzano o Abbiategrasso, dove il nome che ha messo tutti d’accordo i moderati è quello del sindaco uscente Roberto Albetti. Alleanza Pdl-Udc anche a Magenta, dove dopo due mandati non si potrà ricandidare Luca Del Gobbo e «il testimone di vent’anni di buon governo del centrodestra», spiega l’eurodeputato Carlo Fidanza, passa a Tino Viglio. Lega anche qui da sola con il consigliere provinciale e assessore Simone Gelli. Terra di percentuali bulgare per il centrodestra è sempre stata Legnano, dove il Pdl conferma la fiducia al sindaco uscente Lorenzo Vitali, mentre la Lega scommette sul vicesindaco uscente e capogruppo in Provincia Giambattista Fratus. A Melegnano la scorsa volta (e senza nemmeno bisogno di ballottaggio) ci fu la prima vittoria del centrodestra che oggi punta ancora sul sindaco, l’avvocato Vito Bellomo contrapposto all’uomo di Sel Pietro Mezzi che ha vinto le primarie del centrosinistra.
Un discorso a parte merita Sesto san Giovanni, l’ex Stalingrado d’Italia dove i magistrati hanno scoperchiato il sistema delle tangenti rosse. A correre Monica Chittò, candidata del Pd che ha vinto le primarie della sinistra appoggiata da Giorgio Oldrini, il sindaco uscente pure lui indagato. Se la vedrà con la professoressa della Cattolica Franca Landucci. Grande incertezza a Como dove il Pdl rischia di pagar cara la scissione interna dell’ex assessore Sergio Gaddi. Che, dopo aver perso le primarie del centrodestra con Laura Bordoli, si è candidato con la lista Forza cambia Como.

Gli ultimi sondaggi lo accreditano di uno scarso 5 per cento, ma il danno della scissione sul risultato del Pdl andrebbe molto al di là di questa cifra.

Commenti