Così i democrat pensano di colpire il Biscione

La lotta politica estesa alle aziende dell'avversario. Il pretesto è la cessione di La7, il fine è smantellare la legge Gasparri

Si sono trattenuti fino all'ultimo. Poi, quando è venuta fuori la vendita de La7 a Urbano Cairo, i candidati del Pd non sono più riusciti a trattenersi e da due giorni sono un fiume in piena. In piena di cosa? Di minacce, che qualcuno degli avversari ha già definito «mafiose». Se si vince, tuona Bersani, si cambiano le regole. A iniziare da quelle che regolano il mercato televisivo. Berlusconi è avvisato.

I dirigenti del Pd vedono con sospetto la cessione del network televisivo di Telecom all'imprenditore piemontese, considerato «amico» del Cavaliere. Proprio sul quotidiano torinese La Stampa ieri Paolo Gentiloni sottolineava questa anomalia. Per l'esponente del Pd «servono regole per garantire che il mercato sia più libero» e «occorrerà mettere mano una volta per tutte a una normativa antitrust sulle posizioni dominanti della tv commerciale e sulla raccolta pubblicitaria». Come a dire: appena entriamo a Palazzo Chigi la prima cosa che facciamo è mettere mano alla legge Gasparri, anzi abrogarla e riformulare un nuovo strumento legislativo per equilibrare il mercato tv. Che tradotto in soldoni significa penalizzare Mediaset.

È vero che nell'ormai lontano '98 Massimo D'Alema aveva pronunciato in Parlamento un intervento rassicurante, e non poco, per le migliaia di lavoratori Mediaset. Il lìder Maximo aveva spiegato che il suo partito contrastava frontalmente il Cavaliere sul piano politico, senza toccare però le sue aziende che rappresentano «un patrimonio per il Paese». Da allora i tempi sono cambiati. Ora le aziende di Berlusconi possono tranquillamente essere sacrificate alla sete di «vendetta» del Pd. D'altronde è scritto nero su bianco nel programma elettorale del partito di Bersani. Insomma una «vendetta» programmata, ma fino a oggi poco sbandierata. Però, dopo l'annuncio della vendita de La7 a Cairo, gli schemi di fair play sono saltati e negli ultimi giorni di campagna elettorale si può mostrare il lato revanscista del programma senza pudore.

E infatti il segretario del Pd parla di «azzeramento della Gasparri» già «nei primi cento giorni» del suo governo e di una legge sul conflitto d'interessi in versione anti-Berlusconi. «Cambieremo la Gasparri - conferma Vincenzo Vita (Pd), interpellato dal Messaggero - per permettere la nascita di un terzo polo tv, superando lo storico duopolio Rai-Mediaset. Come? Introducendo un tetto alla raccolta pubblicitaria del 30% per permettere anche a La7 e alle altre tv, di accedere a una maggiore fetta del mercato». Mossa che impensierisce, e non poco, Roberto Maroni (Lega).

Il candidato in Lombardia condivide il sospetto di «minaccia mafiosa»

e avverte: «Il Pd ha interesse affinché non solo la Rai ma anche le altre tv private rientrino sotto il suo ombrello». Sospettando una mossa per spostare La7 sotto la sua influenza. Come mossa anti-Berlusconi, ovviamente.

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