L'ultima provocazione del Cav: Quote rosa? Allora preferenze

Berlusconi: "Non ho pregiudizi contro le donne capilista". Ma teme che il Pd possa usare la parità di genere per sabotare il patto: in tal caso è meglio che siano gli elettori a scegliere

L'ultima provocazione del Cav: Quote rosa? Allora preferenze

«Non ho niente in contrario. Purché non sia il pretesto con cui il Pd cerca di sabotare la riforma della legge elettorale». Alla fine - dopo molte insistenze e le ripetute telefonate di alcune delle deputate di Forza Italia che ormai da giorni si battono per l'introduzione della parità di genere nelle liste elettorali (l'emendamento bipartisan prevede che il 50% dei capilista siano donne) - Silvio Berlusconi decide di cedere. Pubblicamente tace, ma in privato - anche con le parlamentari che lo contattano telefonicamente ad Arcore - pare essersi ammorbidito rispetto ad una battaglia che comunque non lo convince fino in fondo. Intanto - questo andava ripetendo negli ultimi giorni a chi l'ha interpellato sull'argomento - perché chi candidare e dove lo si dovrebbe decidere in base al merito e non per legge e poi perché l'intesa sulla riforma elettorale è il frutto di un accordo tra Pd e Forza Italia i cui equilibri sono piuttosto delicati e qualunque modifica può rischiare di far saltare il tavolo.

Ecco perché l'ex premier ha sì aperto all'introduzione della parità di genere ma a patto che questo non metta a repentaglio il cammino delle riforme e che non sia il pretesto a cui si attaccherà il Pd per riaprire la trattativa su un accordo che Berlusconi considera chiuso. Il timore, infatti, è che l'emendamento in questione possa essere una sorta di cavallo di Troia per boicottare l'intesa sulla legge elettorale. Detto più chiaramente: il rischio è che con le quote rosa entrino nella legge anche le preferenze. E che i primi a sostenere l'emendato siano proprio quei pezzi di Partito democratico che non vedono di buon occhio l'intesa raggiunta tra Matteo Renzi e Berlusconi. Che, non a caso, non ha visto di buon occhio il modo con cui il premier ha cercato di rimbalzargli addosso il problema visto che il ministro Maria Elena Boschi ha detto che il governo è pronto a «migliorare il testo» ma «solo con la partecipazione di tutti gli attori». Come a dire che il problema non è del Pd ma del Cavaliere, che con i suoi si è lasciato andare: a questo punto reintroduciamo le preferenze così si supera la questione quote rosa e vediamo chi vince.

Ecco perché Berlusconi ha deciso di sgombrare il campo dalle polemiche. E per bocca del suo consigliere politico Giovanni Toti ha fatto sapere che «se le nostre parlamentari la ritengono una questione importante non c'è nessun pregiudizio, nessuna opposizione preconcetta a fare un ragionamento nel merito». Detto questo, Toti ha tenuto a precisare di essere «più per il merito che per le quote» e ha puntato il dito contro eventuali «altri emendamenti» che «svuotino» la nuova legge elettorale che «già troppe volte è stata modificata».

Pubblicamente, come detto, il Cavaliere non si pronuncia. E intervenendo telefonicamente alla manifestazione organizzata a Pavia da Forza Italia per sostenere la candidatura a sindaco dell'uscente Alessandro Cattaneo si è limitato a parlare di questioni locali. Peraltro, sulla questione non tutte le donne azzurre sono compatte, visto che con sfumature diverse c'è anche chi non sembra particolarmente convinta dalla battaglia sulla parità di genere. Come per esempio Mariastella Gelmini, convinta che non siano le parlamentari ad aver bisogno di quote rosa ma piuttosto «le mamme e le lavoratrici che hanno pochi aiuti e avrebbero bisogno di una quota della finanziaria» ad esempio per gli asili nido.

Ancora più netta Daniela Santanché, secondo cui «non c'è bisogno di una norma ad

hoc» ma «serve la parità di comando». Convinta sostenitrice della parità di genere è invece Mara Carfagna che non nasconde però la preoccupazione che «la questione delle quote possa essere usata per far saltare il banco».

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