Roma - La Procura di Roma chiede a Palazzo Madama l’arresto del senatore Luigi Lusi e spedisce ai domiciliari la moglie dell’ex tesoriere Dl, Giovanna Petricone, e i suoi due commercialisti, Mario Montecchia e Giovanni Sebastio. Per il gip Simonetta D’Alessandro, sono tutti nell’associazione per delinquere «capeggiata» da Lusi, che mirava alla «spoliazione» economica dell’ex partito centrista, poi confluito nel Pd, al quale sarebbero stati sottratti quasi 23 milioni di euro. Le accuse per i quattro, oltre al reato associativo, sono di concorso in appropriazione indebita pluriaggravata e continuata. Tra gli indagati, anche due «legali rappresentanti» di società immobiliari coinvolte nell’affaire, Diana Ferri e Paolo Piva, quest’ultimo già consulente del Campidoglio quando sindaco era Rutelli.
Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha girato il plico con la richiesta del gip a Marco Follini, presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere di Palazzo Madama. Organismo del quale faceva parte lo stesso Lusi, che con curioso tempismo ha dato le dimissioni proprio mercoledì sera. L’ex tesoriere dei Dl è comunque sorpreso da quello che definisce un «provvedimento giuridico abnorme», criticando che il documento del gip abbia «preso per buone» le «sommarie informazioni di Enzo Bianco», delle cui affermazioni alcune non sarebbero «nemmeno riscontrate». Insomma, la richiesta di arresto non contiene «nessun fatto nuovo» secondo Lusi. «Sconcertati» i difensori del senatore ex Pd, Luca Petrucci e Renato Archidiacono, per i quali sono state «capovolte le regole» e i «sacrosanti diritti di difesa trasformati in esigenze cautelari, tali da privarlo della libertà personale». La collaborazione di Lusi, per la procura, era fittizia. «Non ha mai confessato nulla, si è limitato ad ammettere quanto già accertato a livello investigativo» scrive il gip. Tra gli ex compagni di partito non si nasconde la soddisfazione per il provvedimento perché si eplicita il ruolo di «parte lesa» dell’ex movimento politico di Rutelli, scrivendo che «il reato associativo non si identifica nel partito, ma che ha operato in danno del partito». E bollando i messaggi e le accuse al centrosinistra di Lusi come «messaggi e avvertimenti» di tenore «francamente intimidatorio», non riversati ai pm ma «lanciati per il tramite dei giornalisti», e rimasti privi di seguito e riscontro. Così, dal Terzo Polo e da tutto il centrosinistra, l’alzata di scudi a favore di Rutelli è generale. Lo stesso leader dell’Api ricorda, in una nota con Bianco e Bocci, che «si conferma che la Margherita è stata vittima di reati molto gravi», mentre il capogruppo Api alla Camera, Pino Pisicchio, invita i «galantuomini» a «chiedere scusa». Di «scuse» parla anche, dal Pdl, Francesco Giro, mentre Italo Bocchino (Fli) invita Rutelli a «votare due volte per l’arresto». A proposito del futuro voto, le prospettive per Lusi non paiono rosee, se persino la linea garantista del Pdl, pur ribadita da Angelino Alfano, non è granitica, e Casini «pensa» che l’Udc dirà sì alle manette.
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