Macché Grillo: il pericolo per i giornalisti si chiama Letta

A minacciare la mia libertà è il premier e il suo partito, il Pd, che da oltre un anno è incapace di varare una legge che vieti il carcere per reati di opinione e diffamazione

Nel suo discorso per la fiducia, il premier Enrico Letta ieri ha duramente criticato, fino allo sdegno, gli sgangherati attacchi di Beppe Grillo ai giornalisti scomodi per il Movimento Cinquestelle, a partire dalla collega dell'Unità Maria Novella Oppo. Giù le mani dalla libertà di informazione, ha tuonato il premier indicando in Grillo la minaccia.

Se non vogliamo prenderci in giro, dico che a me Grillo non fa nessuna paura e non costituisce nessun pericolo per la mia libertà. Se lui mi insulta lo mando pubblicamente a quel paese e la cosa finisce lì.

A minacciare la mia libertà è invece il premier Letta e il suo partito, il Pd, che da oltre un anno, pur essendo maggioranza, è incapace di varare una legge che vieti il carcere per reati di opinione e diffamazione. La mia libertà è minacciata dal suo vice Alfano che ha chiesto all'editore il mio licenziamento perché non allineato ai suoi desiderata.

Quindi se proprio vuole mettere qualcuno sul banco degli imputati, Letta lasci stare l'innocuo Grillo e punti il dito contro il suo vice, i pm e i giudici che continuano a condannare al carcere i giornalisti (solo se di centrodestra, ovviamente).

Caro premier, io sono stato spedito agli arresti dai magistrati e da lei (che non ha

approvato una legge), non dai Cinquestelle. Il suo governo, contrariamente a quanto da lei detto ieri, non ha «arrestato la recessione» ma continua a far arrestare (o licenziare) giornalisti scomodi. C'è una bella differenza.

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