Il magistrato: «Salto di qualità, la minaccia di colpire altri sette obiettivi è reale»

In Italia non c’è un pool specializzato in eversione

Il magistrato: «Salto di qualità, la minaccia di colpire altri sette obiettivi è reale»

«Il salto di qualità è evidente, ci troviamo di fronte a un nuovo tipo di campagne anarchiche. La minaccia di colpire altri sette obiettivi dopo il dirigente dell’Ansaldo non va affatto sottovalutata». Ne è convinto Stefano Dambruoso, magistrato che da anni indaga sull’eversione antagonista e in particolare sul triangolo Spagna-Italia-Grecia, un asse ben delineato dagli inquirenti già alla fine degli Anni 90.
Adesso è la Grecia a richiamare l’attenzione.
«Il volantino del Fai, la Federazione anarchica informale che ha rivendicato il ferimento di Adinolfi, si riferisce esplicitamente agli otto anarco-insurrezionalisti detenuti. Ma non escluderei che anche in Spagna possa verificarsi qualche episodio terroristico, non necessariamente un attentato».
Perché parla di «campagne anarchiche»?
«È il loro modo tipico di agire. Mettono a fuoco dei progetti e cercano di portarli alla ribalta con strategie di lungo periodo. A fine anni 90 era detenuto in Grecia l’anarchico Nikos Maziotis, che fu oggetto di una campagna di solidarietà: tornato in libertà fondò un gruppo dissociato dal Fai, chiamato Lotta rivoluzionaria, che nel gennaio 2007 lanciò missili contro l’ambasciata degli Stati Uniti ad Atene».
Dobbiamo aspettarci azioni così clamorose?
«La gambizzazione del dirigente genovese è già un chiaro salto di qualità rispetto ai pacchi bomba. Dagli ordigni artigianali queste frange eversive sono passate all’attentato che richiede una certa organizzazione, armi, pedinamenti, coperture».
Quali potrebbero essere i prossimi obiettivi?
«La campagna a favore dei detenuti greci si salda con la lotta al capitalismo considerato all’origine dell’attuale crisi economica, di cui Finmeccanica è assurta a simbolo. Il mondo delle grandi imprese di stato va senz’altro monitorato, ma i bersagli potrebbero essere individuati anche in soggetti di altre aree».
Come le banche o la grande finanza?
«Certo».
E la politica?
«È un obiettivo tradizionale: non dimentichiamo i plichi bomba a Berlusconi e Prodi o al cancelliere Merkel. I politici normalmente sono accompagnati e la storia recente ci deve far prestare attenzione ad altre figure».
Bersagli difficili da individuare e tutelare.
«La rivendicazione parla di anarchici privi di esperienza militare, dunque imprevedibili. L’anarchia è una galassia dai contorni indefiniti, senza gerarchie, linee guida, capi ed esecutori, un segno ideologico ben dettagliato. Per questo motivo non è semplice per la giurisprudenza italiana contestare a quest’area il reato di associazione terroristica, che consentirebbe di emettere condanne per la semplice affiliazione».
Non un’organizzazione ramificata, piuttosto tanti gruppi non strutturati.
«Ma molto pericolosi. Purtroppo il clima di tensione sociale che pervade l’Italia potrebbe favorire queste frange».
Ritiene che si possa ripetere il proselitismo terrorista degli Anni di piombo?
«Il clima è molto diverso. C’è la rabbia contro la crisi economica innescata dagli effetti più deleteri del capitalismo che attanaglia tutto l’Occidente, ma è scomparso quell’ambiguo fiancheggiamento di certi settori della sinistra che non denunciò con fermezza la lotta armata.

Tuttavia il riapparire in Lombardia di volantini firmati Brigate rosse rievoca fantasmi che credevamo scomparsi».
In quali aree l’anarchia è più presente?
«Storicamente l’attività maggiore è a Torino e nel Piemonte, Milano, Trentino Alto Adige, Bologna e la Sardegna, con presenze residuali in Toscana e Campania».

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