Tre anni fa a sollevare un polverone fu Il ruggito della mamma tigre, scritto dall'americana di origine cinese e docente di legge a Yale Amy Chua. Il libro accusava i genitori occidentali di allevare i figli come dei mollaccioni, caldeggiando la necessità di una disciplina dura e inflessibile, in cui i piccoli devono obbedire e non vanno rassicurati, ma educati a dare (e ottenere) sempre il massimo. Ora è un'altra americana rampante, Suzanne Evans, avvocatessa e collaboratrice del New York Times, a fornire la sua ricetta per il buon andamento della famiglia. Istruzioni per l'uso ispirate al motto di Machiavelli per cui il fine giustifica i mezzi (che a dirla tutta è frutto di una sintesi successiva, il filosofo e consigliere politico non pronunciò mai quella frase). Nel libro, intitolato proprio Mamme machiavelliche (in arrivo in Italia il 20 marzo per Corbaccio) Evans si distanzia parecchio dalle teorie che hanno reso famosa Amy Chua. E sostiene che la gestione del nucleo familiare vada informata al principio, espresso dall'autore de Il Principe, secondo cui chi governa deve avere la forza del leone, la furbizia della volpe e la ragione degli uomini.
L'autrice è madre di quattro pargoli (due avuti dall'attuale marito e altri due dalle rispettive precedenti unioni), tutti sotto i 10 anni. Uno di loro è affetto da sindrome di down, gli altri, tra chi è sorpreso a rubare e chi scappa di casa, non si possono certo definire placidi. La più famosa opera di Machiavelli viene piegata alle vicende familiari, descritte nel dettaglio. Così, troviamo una prima parte dedicata a principi generali (pure abbastanza ovvi) come «le basi fondamentali sono le buone regole e una buona disciplina», «essere eccessivamente generosi è pericoloso: un buon governante pone dei limiti», «insegnare con l'esempio», «ogni tanto il modo migliore per imporre una regola è infrangerla». Poi si entra nello specifico, con regole che scaturiscono da citazioni dell'opera. Esempio: «la tardità ti toglie l'occasione et la celerità le forze», che tradotto nella filosofia Evans vuol dire da un lato non procrastinare - i compiti per la scuola, nel caso dei bambini, ma anche la sostituzione dell'aspirapolvere che non funziona più, nel caso dei genitori - dall'altro rispettare i tempi di ciascuno. Qui l'autrice racconta di suo figlio Trevor, che a tre anni ancora non spiccicava parola, dell'ansia che questo le aveva provocato, spingendola a cercare suggerimenti su Google e di come il piccolo abbia poi parlato tranquillamente una volta all'asilo (qua c'è un altro insegnamento, nel caso vi servisse davvero un libro per capirlo: Google, in questi casi, non è una buona fonte. Meglio un pediatra). C'è il capitolo sulla menzogna: se proprio dovete mentire ai figli, anche a fin di bene, assicuratevi di riuscire a essere abbastanza furbi da saper «sostenere» questa bugia.
E siccome la famiglia non è fatta solo dei figli, ma anche dalla coppia genitoriale, c'è spazio anche per una riflessione sulla capacità di «scegliere le battaglie» che vale la pena combattere. Se vostro marito, come quello dell'autrice, con la scusa del lavoro passa le serate al bar, magari pure in compagnia, non torturatevi su eventuali corna, non interrogatevi sull'eventualità del divorzio. Decidete, scrive Evans ancora rifacendosi a Machiavelli «quando vi sia più del pericolo che dell'utile».
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