RomaLo vuole la Germania. Lo vuole la Chiesa. Lo vogliono gli Stati Uniti. Gli industriali. God save Mario Monti. La breccia aperta dal premier all'ipotesi di un suo secondo mandato alla guida del Paese fa risuonare un'ampia eco di approvazione, dentro e fuori l'Italia. Ma la via a questa possibilità, per ora davvero solo un accenno, trova altrettanti detrattori. E le maggioranze in Italia non si fanno con il Vaticano o con Angela Merkel, ma grazie all'appoggio dei partiti. Forse è per questo che i pro-Monti ieri sono usciti allo scoperto con maggiore convinzione: dal mondo imprenditoriale a frange di partiti in cui l'azzardo del professore ha creato ancora più lacerazioni, vedere alla voce Pd. I cosiddetti poteri forti si muovono, neppure in punta di piedi. L'appoggio più entusiasta, una vera investitura, arriva dall'ad di Fiat Sergio Marchionne: un governo Monti bis «sarebbe un passo in avanti enorme per l'Italia. Toglierebbe molta incertezza e darebbe nuovo slancio a quella credibilità di gestione che ci è arrivata dalla sua presidenza».
Più timide le reazioni di Confindustria, ma sembra evidente, tra le parole, che se arriverà appoggio sufficiente in parlamento, l'eventualità sarebbe molto gradita: «Il Monti bis è una delle possibilità - valuta il presidente dell'associazione degli imprenditori, Giorgio Squinzi - Ma al di la dei nomi all'Italia serve un governo solido, affidabile e di gente credibile e che abbia una base politica».
La Chiesa, non ultima, apprezza. L'Avvenire, il quotidiano dei vescovi, si è decisamente schierato ieri con l'editoriale del direttore Marco Tarquinio: «Un passo utile, un altro servizio reso al Paese dall'uomo che il presidente Napolitano ha fatto senatore a vita e la grande crisi ha condotto di filato a Palazzo Chigi».
Cauto ma decisamente positivo il commento del segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Mariano Crociata: «Siamo preoccupati per la situazione e quindi siamo vicini a qualsiasi soluzione possa favorire un adeguato e rapido superamento della crisi». Chiarissimo quando aggiunge che ogni sforzo di «continuare un'opera di risanamento» è benvenuto» e va anzi «incoraggiato», pur nel quadro di una rafforzata «coesione».
L'ambiente cattolico è certamente il terreno più solido per la costruzione di un possibile futuro per Monti a palazzo Chigi oltre il 2013. Nella consueta sobrietà che contraddistingue gli attuali ministri, il responsabile della Cooperazione Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant'Egidio, dice che la decisione di Monti di mettersi a disposizione è «personale», e non è stata discussa in consiglio dei ministri, ma è una scelta «che io apprezzo molto». Un tono molto più vivace, il suo, rispetto alla «prudenza» del collega Corrado Passera, secondo cui, comunque, la nuova guida del Paese la sceglieranno «gli italiani».
Udc e Fli continuano a sguazzare in un brodo di giuggiole. Il Monti Bis eviterebbe alleanze scomode e il rischio di raccogliere soltanto le briciole. «Il trambusto suscitato dalle dichiarazioni» di Monti «ha investito in pieno, più che altro, il centrosinistra», se la ride il vicepresidente dei deputati Osvaldo Napoli.
Il Pd è evidentemente in difficoltà. Pierluigi Bersani e Matteo Renzi friggono, mentre il terzo aspirante Bruno Tabacci anche ieri è tornato alla carica in appoggio a Monti: «Chi lo critica per guadagnare qualche consenso in più, magari alle primarie - sibila - temo non calcoli il rischio di far perdere così le elezioni vere a tutta la coalizione».
Ma anche l'area liberal, con Enzo Bianco, vede nella disponibilità del presidente del consiglio a rimanere in campo una grande occasione: «Un messaggio rassicurante per l'Italia. Grazie presidente Monti».
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