Cento giorni e i nodi vengono al pettine. Ignazio Marino è al Campidoglio da oltre tre mesi, tra biciclettate e Fori pedonalizzati ha fatto molto parlare di sé: peccato che siano proprio i partiti che lo sostengono ora a presentargli il conto. L'ultimo casus belli è il registro delle unioni di fatto, che il sindaco della Capitale intende istituire al più presto: «Era nel programma», ha spiegato Marino. In realtà questa mossa è una concessione all'ala sinistra della maggioranza - la proposta sul registro è del capogruppo di Sel Gianluca Peciola - che causa non pochi mal di pancia tra i cattolici del Pd, il partito del primo cittadino. E infatti sono proprio i democratici in Campidoglio a fare la lista della colpe di Marino. Prima di tutto ha la pessima abitudine di decidere da solo, o con la sua giunta, ed è restio a passare attraverso le maglie del partito. Poi guida una macchina amministrativa praticamente ferma, con le poche delibere all'attivo della giunta varate per assumere 60 tra dirigenti e membri dello staff. Marino non è un politico vecchia maniera, dicono i suoi collaboratori.
Resta da capire se il chirurgo genovese vuole diventare un outsider che non si piega alle logiche di Palazzo oppure studia da guastatore in stile Crocetta, che in Sicilia a furia di scelte da cane sciolto ha scontentato destra e a sinistra. Intanto nella Capitale crescono le pretese dei piddini, che vogliono ribilanciare gli incarichi per contare di più. E tira già aria di rimpasto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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