Maroni-Tosi, guerra sull'ampolla

Non c'è pace sul Po. Un tempo linea di confine della Padania, oggi il «sacro fiume» marca il fronte di guerriglia in casa Lega. Non più, o non solo, tra bossiani e maroniani. Ma tra i due grandi protagonisti della rivoluzione che ha detronizzato Re Umberto Magno, Roberto Maroni e Flavio Tosi. Con il sindaco di Verona e potente segretario della Liga Veneta a dettare la linea al nuovo capo.
Tocca partire dalla sorgente, il Monviso. Per segnare il nuovo corso anche nei simboli, Bobo ha deciso seppellire l'appuntamento di bossiana invenzione, quello dell'acqua raccolta con l'ampolla da versare poi nel mare di Venezia. Settimane di ordini e contrordini: il Monviso non si fa, anzi sì ma a Pian della Regina e non più a Pian del Re, senza ampolle ma con un mega raduno indipendentista. Fino alla decisione finale: l'evento è confermato, solo che si terrà a Cogne. Nel cuore della valle d'Aosta, simbolo dell'autonomia (assistita dallo Stato, ma questa è un'altra storia).
Per la fiaccolata del sabato sera nessun problema: è vero che qui siamo nel parco nazionale del Gran Paradiso, ma il sindaco ha già autorizzato il grande falò che, nelle intenzioni di Mario Borghezio, deus ex machina del tutto, deve richiamare il rito celtico del «contatto dell'uomo con l'Assoluto». Il convegno della domenica resta tal quale, con un maroniano doc come Gianluca Savoini a moderare, segno che Bobo ha dato il placet. Presenti gli autonomisti dell'universo mondo, dai sardi ai fiamminghi e chissà se gli aborigeni australiani riusciranno ad arrivare, comunque dice un Borghezio insolitamente moderato che «non siamo xenofobi, e siamo in contatto con loro e anche con gli africani: il colore della pelle non ci interessa, siamo aperti a chiunque voglia far parte della nuova Internazionale indipendentista».
È il nuovo corso, bellezza, e infatti dice il Marione padano che «io l'elmo con le corna continuerò a indossarlo, ma aspettatevi una nuova generazione di indipendentisti, economisti e manager». Il Monviso? «Ci torneremo, per il solstizio d'inverno il 21 dicembre». Dice lui che lo spostamento dell'appuntamento ha ragioni logistiche, «prevediamo di ospitare molta gente e ci serve uno spazio più ampio, e poi il meteo rischia di essere inclemente». Dicono invece da via Bellerio che c'era il timore che i nostalgici dell'Umberto si presentassero armati di ampolle, contestando il nuovo corso maroniano e rubando la scena. Meglio puntare sulla patria dell'Union Valdôtaine, «con cui la Lega - si entusiasma Borghezio - dopo anni di distanze segna un rapporto più che amichevole», chissà se foriero di comuni candidature.
Ma è alla foce del Po che si consuma il grande scontro tra i due fautori della nuova era. È successo che Maroni ha lanciato un segnale di pace ai bossiani. Un'ora di colloquio con Massimo Bitonci, già vivace sindaco di Cittadella, uscito dalla sfida con Tosi al congresso veneto forte del 42 per cento, per proporgli di spostare a casa sua, a Cittadella, la tradizionale festa dei popoli padani di Venezia. Solo che Tosi non ha gradito. Fuoco su Bobo: «Se vuoi la puoi fare a Vicenza o a Treviso. Ma non esiste che porti 20mila persone a Cittadella, dove Bitonci sarà il padrone di casa, prendendosi tutta la visibilità». Giornate di passione. Il segretario provinciale di Padova Roberto Marcato che alza il tiro e sul Gazzettino dice che «la location la decide Maroni, non Tosi». Il segretario della Liga che lo commissaria.

Il commissariamento che non può avvenire, perché un codicillo anti epurazioni varato al congresso federale prevede che l'ultima parola spetti al Comitato di disciplina e garanzia, che guarda un po' è presieduto da tal Bossi Umberto. Stretto nelle beghe venete, Maroni ha ceduto: la festa si terrà a Venezia, il 7 ottobre. Ripete Bobo in questi giorni: «Partiti di Roma tremate, la Lega è tornata». Piena del Po permettendo.

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