Non prendetemi per tenerone, ma a me il ritiro di Veltroni e la minaccia di cacciare D'Alema toccano il cuore.
Non ho mai risparmiato loro critiche e ironie, ma non si può tirare la catena e liberarsi dei due, l'uno che va giù e l'altro invece che galleggia. Si rottamano i corrotti e i corruttori, gli incapaci e gli sfascisti dei propri partiti. O se gregari, si rottama chi per tutto il suo mandato ha solo preso tanto senza dare niente al Paese. Veltroni e D'Alema saranno detestabili per tanti motivi ma non rientrano in queste categorie.
Amerei vivere in una democrazia gentile, dove è possibile rispettare l'avversario e riconoscere l'onore delle armi. Reciprocamente, s'intende.
D'Alema e Veltroni sono stati la coppia primigenia della sinistra italiana uscita dal Pci. L'uno rappresentava la ragione e l'altro il sentimento, peso Massimo e peso Walter; versione cinica e paterna il Max, versione morbida e materna il Walter.
Da tempo sostengo che Walter non diventò mai adulto e Massimo non fu mai bambino. Il primo restò nella pubertà coi suoi film, le sue figurine Panini, la Nutella e la tv dei ragazzi, i miti degli anni Sessanta, da Kennedy al Papa Buono, a Rintintin.
Il secondo sin da bambino andava in vacanza nell'Urss con i lupetti di Stalin, giocava coi carri armati, a sette anni aveva già i baffetti, via di mezzo tra il baffino Hitler e il baffone Stalin.
Ci mancheranno.
Ma non faccio in tempo a commuovermi per la loro rottamazione che già li sento ricicciare con sembianze mutate.
Ora si chiamano Matteo e Pierluigi.
di Marcello Veneziani
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