Il premier in pectore vuole accelerare e chiudere la lista dei ministri entro oggi.
Teme che il passare delle ore porti nuove complicazioni: la sola fotografia del vertice di maggioranza di ieri, con nove - dicasi nove - pseudopartitini attorno al tavolo, ognuno con le sue richieste, paure e recriminazioni, «ci costa svariati punti in meno in qualsiasi sondaggio», dicono al Nazareno. Non a caso Matteo Renzi si è ben guardato dal metterci piede («Sono allergico ai vertici»), e ci ha mandato il paziente Graziano Delrio. Dal quale però i cespugli della coalizione non hanno ottenuto alcuna soddisfazione: «Benissimo, le vostre proposte sono sul tavolo e sono interessanti, nei prossimi giorni torneremo ad incontrarci e possiamo anche buttare giù uno schema di intesa». Ma una cosa sia chiara: «Non ci sono dogmi, il presidente del Consiglio decide in piena autonomia e in autonomia stenderà il programma da presentare in Parlamento».
Nel Pd attendono in silenzio, con l'eccezione di Pippo Civati, che torna a minacciare di non votare la fiducia «con altri parlamentari». Cosa che al momento non pare preoccupare nessuno, nel partito. Ieri sera Renzi ha incontrato Montezemolo, che starebbe valutando la proposta di entrare nel governo. Oggi potrebbe vedere Alfano. Due le partite ancora aperte: quella con Ncd (tutto fuorché Angelino al Viminale, la linea renziana) e l'Economia, con il presidente incaricato che, secondo i suoi, è ancora intenzionato a non accantonare l'ipotesi di un ministro politico (Delrio) e non tecnico (Padoan o Tabellini). Anche se su questo dal Quirinale, dietro ai no comment ufficiali, trapela un certo scetticismo. Non che Napolitano sia contrario per principio ad un ministro politico. Anzi, ha lavorato fino all'ultimo per convincere Enrico Letta (che domenica scorsa era a pranzo a Castel Porziano) ad assumersi l'onere del ministero più pesante. Il no dell'ex premier però è stato insormontabile. «Enrico non ha alcuna intenzione di levare le castagne dal fuoco, e vuole restare in disparte: Renzi ha voluto la bicicletta, ora pedali. Se ci riesce», dice un esponente Pd molto vicino a Letta. Che si mostra molto scettico sulla solidità della maggioranza renziana: «Stanno chiedendo ad Alfano di suicidarsi, rinunciando al Viminale che il leader Ncd vuole a tutti i costi perché lì si gioca la partita dei collegi per la nuova legge elettorale. Ma se non stanno attenti, Alfano potrebbe preferire il rischio delle elezioni col proporzionale».
Di fronte al rifiuto di Letta, però, al Quirinale si auspica un ministro dell'Economia esperto della materia e con relazioni solide in Europa. E si aspetta, quando il premier incaricato andrà a sciogliere la riserva, la garanzia assoluta di una maggioranza «solida» (con Ncd pacificata e convinta) e di un programma concreto e condiviso. «Per ora abbiamo visto solo i titoli», lamentano gli alleati di governo, alfaniani in testa. Per il resto, il capo dello Stato resta «un passo indietro»: la fase è cambiata, e quello di Renzi sarà il governo del leader del Pd e della sua coalizione, non un «governo del presidente».
Se Renzi vuol davvero tenere duro, come dicono i suoi, sul «suo» ministro all'Economia e sul no ad Alfano nel governo, dovrà affrontare e vincere due prove di forza non da poco: quella con il Quirinale e quella con Ncd.
di Laura Cesaretti
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