Le piazze strapiene che lo hanno accolto ieri in Emilia Romagna, nel suo serratissimo tour elettorale, non rassicurano Matteo Renzi.
Perché è vero che gli anziani militanti, ieri a Modena, raccontavano alla deputata Giuditta Pini che «la piazza non era così piena dal 1984», quando la morte di Enrico Berlinguer tirò la volata al Pci. È vero che davanti al palco a Forlì è apparso un megastriscione con scritto: «Matteo, tin bota», tieni botta, che ha fatto sorridere il premier: «Prima o poi riperderò, spero il più tardi possibile. Per ora tengo botta», ha replicato.
Ma le accoglienze entusiastiche che Renzi trova in giro per l'Italia non bastano a rassicurare sugli esiti di una partita serratissima, nella quale la «rabbia» rischia di prevalere sulla «speranza», secondo la dicotomia disegnata dal premier. Un testa a testa tra Pd e grillini che i sondaggi (secretati dalla dissennata legge sulla par condicio) segnalano con sempre maggior chiarezza, e che getta fosche ombre sul dopo voto. A preoccupare è soprattutto il Sud, dove al voto clientelare, in declino causa crisi, si sostituisce facilmente il voto al Masaniello di turno (vedi De Magistris a Napoli). E al Sud, coi grandi collettori di preferenze emarginati dal nuovo corso renziano, il Pd arranca e Grillo riempie le piazze. Da lunedì, prima tappa Napoli, Renzi sarà di nuovo nel Mezzogiorno.
Ieri a Modena, tra un abbraccio e un selfie con i fan, Renzi si è avvicinato a salutare anche i concorrenti: un banchetto della Lega, dove ha ricevuto cortesi strette di mano; e uno del Movimento cinque stelle. Qui, gli adepti del comico genovese hanno invece inscenato una gazzarra, urlando «ladro» e «falso» al presidente del Consiglio e rifiutando la sua mano tesa. Un episodio indicativo del clima di odio che Grillo sta aizzando dai suoi palchi in giro per l'Italia, sui quali si definisce ormai «oltre Hitler» («Ci sono pagine di storia che non vanno citate neanche per scherzo», la risposta renziana a stretto giro di comizio), e che mette nel mirino innanzitutto il capo del governo. Il quale a sua volta alza i toni per rispondere alla sfida: «Come c'è un Daspo per i tifosi violenti, serve un Daspo anche per i politici che prendono le tangenti. Mai più», tuona Renzi dal palco di Forlì. «Non prendiamo lezioni di legalità da chi va in Sicilia a dire che la mafia non esiste».
L'attacco a Grillo è reiterato e diretto: «A chi ha votato Grillo domandate se davanti alla crisi può bastare la frase daremo il reddito di cittadinanza. Noi non daremo reddito di cittadinanza, daremo lavoro, che dà dignità». E ancora: «Domandate chi ha approvato la soppressione delle Province. Perché mentre noi stavamo lì a votare, Grillo e Brunetta hanno organizzato l'ostruzionismo. Perché loro non vogliono ridurre i costi della politica ma poter fare polemica». Conclusione: «O salviamo noi l'Italia o coi gufi e coi pagliacci non andiamo da nessuna parte». La scelta di inseguire Grillo sul suo terreno, con il voto per il carcere a Genovese, lascia però strascichi di malessere nel partito. Lo testimonia l'intervento comparso ieri sulla prima pagina dell'Unità, firmato dal giurista ed esponente del Pd siciliano Giuseppe Provenzano: «Certo, serviva una mossa per scansarsi dagli schizzi di fango. La mossa c'è stata, ma le regole del gioco restano quelle fissate da altri.
Della libertà di un uomo, qualunque uomo esso sia, si fa carne da campagna elettorale. Bisogna arginare l'onda populistica e antipolitica. Sì, forza. A patto di non scoprire, con un certo raccapriccio, che nell'onda ci stiamo già nuotando, persino troppo bene».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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