Mediaset: «Senza ripresa costretti ai tagli»

Mediaset: «Senza ripresa costretti ai tagli»

RomaLo stile è quello di sempre, ironico, misurato, diretto. Le parole, però, sono taglienti e pronunciate senza troppe confezioni diplomatiche. Fedele Confalonieri incontra in mattinata per un’ora Mario Monti, l’uomo che stima al punto che lo «nominerebbe volentieri alla guida di Mediaset». Un faccia a faccia in cui il manager milanese, secondo gli spifferi che filtrano, chiede rispetto per un’azienda che rappresenta un asset strategico del Paese e invita il premier a compiere ogni sforzo per dare certezza al quadro normativo, in particolare sulla questione delle frequenze.
La giornata istituzionale di Confalonieri nella Capitale prevede un calendario fitto. Dopo essere stato a Palazzo Chigi, il manager si sposta alla Camera. Lo attende una audizione in Commissione Bilancio in cui il numero uno di Mediaset lancia un messaggio chiaro e forte: «Senza le basi per una ripresa economica, Mediaset potrebbe mettere in dubbio i livelli occupazionali». Un monito che, fuori dall’aula al quarto piano di Montecitorio, Confalonieri parlando con i cronisti, stempera e diluisce in un «allarme generale» ricordando che «noi siamo gli unici che non hanno licenziato». La sostanza, però, è chiara: «Soltanto con sangue, sudore e lacrime», dice citando Churchill, «si vincono le guerre ma probabilmente non si rilancia l’economia.
«Un’azienda come Mediaset, in una fase di rallentamento dei ricavi con conseguente forte contrazione dei profitti, ha deciso di non intaccare i propri livelli occupazionali. Ma è evidente che se non si pongono le basi per una ripresa dell’economia e del mercato pubblicitario, sarà inevitabile farlo. Se non ci sono prospettive di ripresa, tagliare il nostro miliardo di investimenti, ridurre i nostri 2 miliardi di costi diventa indispensabile. Siamo un’azienda quotata, non una no-profit» spiega il presidente del colosso di Cologno Monzese.
La preoccupazione per le prospettive complessive del sistema-Italia è palpabile, così come il timore per le politiche messe in campo dall’esecutivo. «Tutte le manovre poste in essere negli ultimi mesi - attacca - portano a effetti recessivi e a un inevitabile aumento della disoccupazione. Terminata la fase di massima emergenza, bisogna elaborare una strategia di medio termine che dia prospettive di sviluppo». In particolare «anziché dedicare risorse mediatiche e politiche a una battaglia sull’articolo 18 bisognerebbe agire per ottenere obiettivi di breve termine quale l’aumento della produttività del lavoro e il miglioramento delle condizioni ambientali per facilitare l’insediamento in Italia di nuove attività portatrici di impiego».
Sul faccia a faccia con Monti, Confalonieri si cuce la bocca. «Ubi maior, minor cessat» sorride ai cronisti. Inevitabile, però, supporre che si sia affrontato il tema delle frequenze tv sul quale le posizioni di governo e azienda sono molto distanti. Il presidente di Mediaset ci tiene a fare chiarezza. Nel beauty contest «non c’è stato nessun regalo». «A noi non ha mai regalato niente nessuno. Noi abbiamo restituito un multiplex, quello di Rete 4, per fare il dividendo digitale. Ma dire che si è regalato qualcosa a Berlusconi ha sempre appeal». Peraltro non si può paragonare l’attività televisiva con quella delle società di telecomunicazioni «perché per loro una volta comprata la frequenza il business è fatto» mentre gli operatori tv devono poi «riempirle di contenuti». Servono quindi «regole certe». «Sono passati 11 anni e ancora siamo con il beauty contest sospeso.

Non è con queste incertezze che le aziende possono andare avanti e non è con la demagogia che potremo continuare a svolgere il ruolo che abbiamo svolto nella società, nell’economia, nell’informazione e nella produzione di contenuti originali. Mediaset - conclude Confalonieri - è un’azienda sana che fa impresa in Italia e che chiede il sostegno del sistema Paese per proseguire nella sua politica di sviluppo di investimento, occupazione e crescita».

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