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La melina di Renzi: finge di aiutare Letta per prendersi tutto

Il rottamatore diffida degli ultimi sponsor e si prepara a conquistare il Pd. Sicuro che a provocare il voto anticipato saranno i suoi avversari

La melina di Renzi: finge di aiutare Letta per prendersi tutto

Matteo Renzi deve aver capito che i tanti telegrammi di endorsement che gli vengono recapitati negli ultimi giorni sono piacevoli ma un po' sospetti. Abbracci mortali? Diciamo che i vecchi arnesi del partito che stanno salendo sul suo camper potrebbero rivelarsi più zavorra che cavalli vapore. Quindi è il momento non dello smarcamento ma della malizia: ed ecco ieri due messaggi inviati al suo partito attraverso i giornalisti che passeggiavano con lui nel quartiere del nuovo Parco della Musica di Firenze. Il primo: «Fare il segretario e il sindaco insieme? Si può fare, si può fare tranquillamente». Il secondo, molto più raffinato: «Il governo non casca, il governo ora va bene così...».

Traduzione: Renzi punta forte sulla poltrona del Nazareno e mette in stand-by le ambizioni per Palazzo Chigi. Mostrando così di avere studiato e digerito la lezione di Walter Veltroni. Che da sindaco di Roma si impossessò senza problemi delle chiavi del neonato Pd nel 2007 e iniziò a fare terra bruciata attorno al premier di casa, Romano Prodi, fino al voto della primavera 2008 affrontato da candidato del Pd con le stimmate del vincitore annunciato e rovinosamente perso. Insomma, Renzi sa che «gufare» non porta bene, è evidente. E perché al momento affrettare i tempi non è saggio, anche se il fattore tempo alla lunga avrà la sua importanza. Ma insomma: a scolpire la lapide di Enrico Letta, il suo possibile avversario nella premiership, non sarà certo l'inquilino di Palazzo Vecchio (ben strano indirizzo per un rottamatore) ma qualcuno dei tanti che stanno lavorando per lui.

Nel Pd il partito degli antirenziani si sta sguarnendo ma è ancora piuttosto affollato. L'ex segretario Pier Luigi Bersani è stato indicato ieri da Repubblica come il progettista di un piano anti-Renzi, da lui peraltro smentito: «Per quanto mi riguarda il congresso si può fare anche domani». Poi c'è il vicino di banco di Renzi, il governatore della Toscana Enrico Rossi, che non nega che «Renzi sia attrattivo, sia vincente, un'idea che percorre una buona parte della militanza del Pd» ma si dice convinto che «sia importante mantenere nel Pd un riferimento alla sinistra» che lui non può essere. Stessa idea cavalcata in un lungo editoriale sulla rivista del Mulino dal deputato dem Carlo Galli: «La sua (di Renzi, ndr) indeterminatezza è tanto affascinante quanto ambigua, e non ha in sé alcuna caratteristica ascrivibile alla sinistra, comunque questa possa essere declinata». E l'eurodeputato Sergio Cofferati intravede non il pericolo della scissione ma quello dell'evaporazione, anche perché il sostegno delle piazze a Matteo Renzi «è legato a poteri di suggestione non a fatti concreti. Si condivide un'idea di cambiamento non ben definito, però non c'è una proposta politica specifica». Neutra la non allineata Alessandra Moretti: «Ci schiereremo solo dopo aver visto i programmi che a oggi passano in secondo piano rispetto ai personalismi e agli individualismi».

Certo è che le grandi manovre nel Pd affetto da correntismo sono iniziate da tempo. Il voto è una prospettiva che a parola si trova irragionevole («pensare di votare con questa legge elettorale sarebbe un delitto per il nostro Paese», ammonisce Davide Zoggia) ma nei fatti tutti hanno ben presente. Anche perché il pugno duro esibito sul caso Berlusconi non lascerebbe aperte altre strade. «Il Pd non baratta la vita del governo con il rispetto delle leggi», ammonisce la senatrice Anna Finocchiaro, (commissione Affari costituzionali) che aggiunge: «So che le decisioni della giunta e dell'aula non possono essere influenzate da altre considerazioni che non siano quelle di merito». E il viceministro Stefano Fassina: «Questi continui ultimatum del Pdl non servono. Il Pd voterà per applicare la legge Severino, punto». Quindi caduta del governo e dritti alle urne.

Poi dice che Renzi si frega le mani.

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