Il bianco e il nero

"Bruciarsi è un attimo". "Già fatto i conti col fascismo". 10 anni di Fdi

I politologi Alessandro Campi e Alberto Castelvecchi analizzano i primi dieci anni di Fratelli d'Italia e il cambiamento di Giorgia Meloni da leader dell'opposizione a premier

"Bruciarsi è un attimo...". "Ha già fatto i conti col fascismo...". 10 anni di Fdi e Meloni

Fratelli d'Italia ha festeggiato da poco i suoi primi dieci anni di vita. Per la rubrica Il bianco e il nero abbiamo interpellato i politologi Alessandro Campi e Alberto Castelvecchi per analizzare l'evoluzione del principale partito di governo.

Come sono cambiati la Meloni e FdI in questi dieci anni?

Campi: “In questo decennio è cambiato radicalmente lo scenario politico, interno e internazionale, e la destra meloniana se n’é giovata più di altri. Basta elencare alcuni fattori. Nel centrodestra Berlusconi e Salvini le hanno lasciato campo libero. Il primo per banali ragioni d’età. Il secondo ha pagato i suoi stessi eccessi di movimentismo. Sono nel frattempo falliti o hanno deluso tutti i leader che in questi anni si sono presentati come grandi rinnovati in chiave anti-politica e ai quali gli italiani avevano dato il loro consenso: Matteo Renzi, Beppe Grillo e la setta grillina, Matteo Salvini. Per molti non è restato che provare con la Meloni, sperando che lei faccia meglio. Ha giocato a suo favore anche il fallimento complessivo dell’esperienza dei tecnici al potere. Abbiamo cominciato nel 1993 con Giuliano Amato. Abbiamo proseguito, a fasi alterne, con Ciampi, Dini, Monti, Letta, lo pseudo “civil servant” Conte, Draghi. Non è servito a granché: l’economia italiana continua ad arrancare e il nostro sistema istituzionale è sempre a pezzi. Se questo è il risultato, meglio riprovare con i politici di professione. Nel frattempo, ha smesso di funzionare, probabilmente per sempre, la certa dell’antifascismo militante. Il Pd ha provato a utilizzarla alle ultime elezioni e si è visto con quali risultati. Gli italiani hanno molto paure, ma non quella del fascismo, che ormai è solo una minaccia evocata ad arte quando non si sa cos’altro dire ai propri elettori. Mettiamoci poi il vento della storia. Farsi paladini dell’idea di nazione ha funzionato in una fase in cui si sono smortati gli entusiasmi per una globalizzazione in gran parte sfuggita di mano. Ed è così che un partito che aveva il due per cento si è trovato alla guida dell’Italia”.

Castelvecchi: “La Meloni è diventata effettivamente una leader di caratura nazionale grazie non solo alla sua determinazione, alla visione e alla lucidità strategica, ma anche alla sua conclamata tenacia e coerenza. Ma non solo. Lei è una persona che studia e si documenta tantissimo. In dieci anni, la Meloni ha avuto modo di studiare i principali dossier del nostro Paese e ora sta godendo il frutto del suo lavoro. Fratelli d’Italia ha attraversato un periodo molto forte ed è riuscita a radicarsi bene sul territorio con un lavoro politico molto intenso e ha completato il suo percorso di evoluzione da forza d’opposizione a forza di governo. Questa evoluzione è stata accompagnata non solo dagli amministratori locali, ma anche dalla cosiddetta ‘generazione Atreju’, i giovani cresciuti nelle organizzazioni giovanili di FdI. Infine, è stata costruita una cabina di comanda attorno alla premier. Tra i fondatori ci sono Ignazio La Russa, Guido Crosetto, Francesco Lollobrigida, Giovanbattista Fazzolari, il coordinatore nazionale Giovanni Donzelli e, poi, ha assorbito le energie migliori dalle altre forze di centrodestra. Ora devono esprimere una capacità di governo”.

E la Meloni di governo quanto è diversa dalla leader dell'opposizione?

Campi: “Direi, necessariamente e fortunatamente diversa. Certe cose non possono cambiare, perché attengono al carattere e al personaggio: mi riferisco al suo modo diretto, franco, schietto di intervenire nel dibattito politico (lo abbiamo visto anche negli interventi d’aula). Ma il riallineamento filo-atlantico e il confronto aperto con l’Europa appena diventata presidente del Consiglio dimostrano il suo senso pragmatico e il suo realismo. Che fa bene a lei, ma anche all’Italia. Ciò detto non facciamo l’errore di considerare Meloni una giovinetta arrivata all’improvviso al vertice del potere. Alle sue spalle ha una lunga militanza di partito, conosce bene i meandri del Palazzo, così i ritmi e i non detti della politica italiana, ha avuto buoni maestri. Sa perfettamente che cosa si può dire e si può fare quando si sta all’opposizione, magari da soli, e quale atteggiamento tenere ora che sta a Palazzo Chigi. La responsabilità del governo è una cosa seria, specie in una fase difficile come quella che gli italiani – tra post-pandemia, guerra e crisi energetica – stanno vivendo”.

Castelvecchi: “La Meloni di governo non è molto diversa dalla leader dell’opposizione. Certo, ha dei toni meno aggressivi e una piena assunzione di responsabilità del grande compito che la attende. In campagna elettorale ha avuto la grande intelligenza politica di non promettere il sole e la luna in campagna elettorale, ma di annunciare a sé stessa e ai suoi che si stava per affrontare una grande impresa. Nel bene e nel male continuano le scintille con l’Europa e con i giornalisti anche perché il personaggio Meloni è particolarmente sanguigno nella sua comunicazione pubblica e questa caratteristica, per il momento, non è cambiata. Ora ha consapevolezza che non parla solo a nome dei Conservatori europei, ma a nome dell’Italia come quando è andata al G20 di Bali. Non si tratta di una metamorfosi improvvisa, ma di un’acquisizione progressiva degli strumenti di governo”.

FdI è un partito che deve ancora fare i conti col fascismo?

Campi: “In Fratelli d’Italia, dal punto di vista del programma politico, di fascismo ce n’è davvero poco. L’esperienza di Alleanza nazionale e il revisionismo ideologico finiano non sono trascorsi invano, anche se fa fatica ad ammetterlo pubblicamente. Possono esserci sacche di nostalgismo puramente sentimentale, ma mi sembra chiaro che la Meloni ha scelto da anni un’altra strada, rispetto a quella testimoniale del passato. Quella di accreditarsi come una forza nazional-conservatrice con al suo interno spruzzate di liberalismo popolare e di populismo a buon mercato che è però un tratto ormai comune a tutte le forze politiche. È una cultura politica largamente da costruire, ma la direzione mi sembra chiara”.

Castelvecchi: “No, al contrario è il fascismo che deve fare i conti con Fratelli d’Italia. Ci sono, infatti, alcune sacche di antichi militanti, persone nate negli anni ’60-‘70 che appartengono alla destra sociale che hanno ancora come riflesso antropologico-culturale una serie di abitudini post-fasciste. Sono, però, una minoranza residuale, pari al 5-6% dei voti presi, che deve fare i conti con la nuova identità di Fratelli d’Italia che è quella di un partito di destra conservatore e dovranno accelerare lo stesso percorso compiuto dalla loro leader in questi anni. I conti con il fascismo, in questi anni, sono stati abbondantemente fatti da parte di Giorgia Meloni che, nel suo discorso di insediamento, ha dichiarato che le leggi razziali sono il momento più basso della storia italiana”.

FdI può essere davvero partito guida del centrodestra o sarà un fuoco di paglia come la Lega?

Campi: “Il rischio di un saliscendi vertiginoso non riguarda i partiti ma i loro leader. Quelli odierni sono tutti partiti fortemente personalizzati. L’unica eccezione era e rimane il Pd e si è visto la brutta fine che sta facendo. Oggi spesso il consenso elettorale coincide con la popolarità in senso mediatico dei leader, che per definizione è molto effimera. Si può guadagnare facilmente, ma si può perdere altrettanto facilmente. Mi chiedo: quanto ha contato nell’alimentare l’immagine pubblica di Meloni e nell’accrescerne la fama il tormentone “Io sono Giorgia, sono italiana, sono cristiana, sono una donna, sono una mamma” divenuto virale in Rete e trasformatosi in una autobiografia che a sua volta è stata un best seller? Secondo me molto, così come il modo abile con cui in questi anni ha utilizzato i social. Il problema è che ora verrà giudicata non per i post che scrive, per gli abiti che indossa o per le sue comparsate negli spettacoli d’intrattenimento, ma per ciò che saprà fare concretamente. La parabola di Salvini credo sia stata oggetto di riflessione da parte sua. Sarà un caso, ma in questi primi due mesi si è concessa pochissimo a interviste esternazioni o dichiarazioni in libertà. Bruciarsi l’immagine è un attimo”.

Castelvecchi: “Mah, non direi che la Lega sia stata un fuoco di paglia perché è presente nel panorama politico da 30 anni. I fuochi di paglia bruciano molto prima. La Lega è stata al governo con Berlusconi, con Conte e con Draghi, ma ha avuto un castigo elettorale in Lombardia e nel Triveneto che ha punito la leader di Salvini. Se si riprenderà o no dipenderà dalla leadership post-Salvini. Dovrà passare da un’identità turbo-selfie di Salvini a un’identità di governo più matura su cui stanno lavorando Giorgetti, Zaia e Fedriga. Detto questo, FdI probabilmente potrà essere un partito conservatore di lunga durata e un partito guida per il centrodestra anche perché ha incluso gli altri partiti in ministeri importanti".

La Meloni è l'unica donna leader di un partito e la prima donna premier. Merito suo o demerito della sinistra?

Campi: “Entrambe le cose. Merito suo per averci sempre creduto, per essere riuscita a farsi strada in un mondo tradizionalmente maschilista. Anche se nella destra giovanile degli anni Ottanta e Novanta la parità tra militanti, maschi o femmine che fossero, era già un fatto assodato. Demerito della sinistra, invece, aver cavalcato le politiche di genere in termini di pura propaganda, di retorica emancipatoria, laddove la parità vera è sempre quella che si ottiene, per così dire, sul campo, non quella che si costruisce con obblighi di legge. Aggiungiamoci l’ipocrisia di un partito – il PD – che ha utilizzato le donne in una logica appunto da quote rosa, con i maschi che si sono sempre tenuti ben strette le posizioni apicali di segretario o capo-corrente, di premier, di governatore di regione o di sindaco di una grande città. L’ascesa di Giorgia Meloni ha messo a nudo questa ipocrisia, oltre a mandare in tilt decenni di ideologia femminista. In compenso credo siano moltissime le donne italiane, anche di sinistra, che fanno il tifo per lei. La sua storia è davvero un bell’esempio, viste anche le difficoltà che ha incontrato sin da ragazza. Se fosse stata di sinistra, c’è da giurarci, ci starebbero già facendo un film o uno serie a puntate”.

Castelvecchi: “La Meloni ha degli immensi meriti come persona di carisma e come donna. Incarna un nuovo tipo di leadership femminile. È una femmina-alfa, una donna che ha completamente le leve del dominio senza perdere la sua femminilità. Non sono d’accordo con alcune critiche le ha mosso la sinistra intellettuale perché incarna un nuovo tipo di donna leader europea come Angela Merkel, Sanna Marine, Ursula Von Der Leyen. I demeriti della sinistra, invece, consistono nel fatto che il Pd non ha facilitato l’ascesa di donne leader e il gruppo di comando del partito è ancora maschile.

Mai ci saremo aspettati che la prima donna premier italiana provenisse dalla destra”.

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