"Mio padre gambizzato per le sue idee politiche". La storia di Galeazzo Bignami

Il capogruppo di Fdi racconta il calvario del padre e della famiglia, vittime dalla violenza della sinistra: "Picchetti in ospedale per impedire le cure di papà"

"Mio padre gambizzato per le sue idee politiche". La storia di Galeazzo Bignami
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Nell'ultima puntata di Quarta Repubblica, Nicola Porro ha ospitato Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, per un'intervista che ha toccato molti. Niente di politico, niente analisi sull’andamento del governo. Bensì un racconto familiare personale e drammatico, una vicenda risalente agli anni ’70 ma che ricorda tanto quanto sta avvenendo in questi giorni, con i toni della contrapposizione politica sempre più accesi, comici che in tv minacciano gli interlocutori, consiglieri Pd che evocano Piazzale Loreto e Pro Pal che devastano Milano in solidarietà a Gaza. Bignami ha condiviso il racconto di un episodio che ha coinvolto suo padre, un esponente giovanile della destra missina, vittima di un agguato a colpi di pistola nel 1974.

“Mio padre non amava raccontare di quei fatti – ha spiegato Bignami a Nicola Porro– e penso volesse tenerci immuni da quell'orrore, anche se era impossibile. Un bambino ti chiede sempre perché qualcuno vuole uccidere il suo papà”. Il conduttore ha chiesto dei dettagli di quella notte, e Bignami ha ricordato quanto scoperto negli anni: “Ricordo che mi disse che stava tornando a casa dopo aver insegnato in una scuola serale. Lo aspettarono e gli spararono. Mio padre raccontava sette colpi, mia madre otto, poi recentemente ho scoperto dieci colpi di pistola, di cui cinque lo attinsero”.

L’aspetto più inquietante della storia, però, è forse un altro. Bignami ha raccontato che mentre suo padre era in ospedale e lottava tra la vita e la morte, i sindacati ospedalieri e la sinistra organizzavano picchetti per impedire la somministrazione delle cure salvavita “al fascista”: “Un’infermiera, Diana Bergonzoni, si muoveva oltre questi picchetti per somministrargli medicinali”. Bignami ha anche raccontato del suo incontro con uno degli organizzatori di quei picchetti: “Ho chiamato questo sindacalista, un certo Brega o Braga. Mi disse che non ricordava, ma poi aggiunse, ‘eravamo giovani e facevamo tante cazzate’”. Insomma: lo ricordava eccome.

Gli autori del tentato omicidio non sono “mai stati trovati”. L’inchiesta non ha mai portato a nulla, e i reperti furono distrutti. Ovviamente l’evento cambiò la vita alla famiglia Bignami, costretta a “dividersi” con il padre a Roma - chiamato da Giorgio Almirante - e la madre con i bambini fermi a Bologna. Non è stata un’infanzia semplicissima, quella di chi improvvisamente diventa “il figlio del fascista” Bignami. Non solo il bullismo alle scuole (“mio padre mi disse: devi restare, perché chi piega la testa una volta la piega per sempre”). “Mi hanno pestato tante volte. Ricordo il 14 febbraio del '98, all'università, mentre facevamo un banchetto per i comitati. Ci aggredirono, bruciarono il tricolore, e mi colpirono con un bastone.

Mi salvò quella che sarebbe diventata la moglie di mio fratello e un altro ragazzo. Quando cercarono di portarmi dentro la facoltà, la portinaia disse i fascisti no, e chiusero le porte. Mi ricordo il sangue che mi colava, sembrava arancione sotto il sole”.

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