La minaccia delle agenzie di rating

Mentre i partiti trattano per trovare la strada della governabilità, Moody's e S&P fanno leva sullo spread per influenzarli

La minaccia delle agenzie di rating

È una minaccia che abbiamo già sentito. È un'ingerenza che abbiamo già subito. Le agenzie di rating si avventano, fameliche, sul governo italiano: si preoccupano della scelta degli elettori e provano a influenzare il futuro governo che, nelle mani tremanti di Pier Luigi Bersani, dovrebbe essere formato sotto il diretto controllo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Nella nottata, Moody's ha calato la propria scure sull'Italia. Più che un avvertimento, una minaccia. Più che un report, una sentenza. L’incertezza dell’esito del voto in Italia è "negativa" per il rating italiano e aumenta la possibilità di nuove elezioni, prolungando potenzialmente l’instabilità politica del paese. Dopo aver assegnato una prospettiva negativa al rating italiano (Baa2) nel luglio scorso, gli analisti di Moody’s potrebbero "considerare una bocciatura nel caso di ulteriore, sostanziale peggioramento delle prospettive economiche del Paese o difficoltà nel realizzare le riforme" o anche di "peggioramento nelle condizioni di finanziamento". "Se l’accesso dell’Italia ai mercati dovesse risultare difficoltoso e il Paese dovesse richiedere assistenza esterna - è il monito dell'agenzia di rating - il rating sovrano del Paese potrebbe passare a livelli notevolmente più bassi". Nella nota diffusa nella notte, Moody’s parla di "rischi sostanziali per la realizzazione delle riforme strutturali e fiscali" dopo il risultato delle elezioni, il cui esito "aumenta la possibilità che la spinta riformatrice conseguita con il governo Monti finisca per rallentare, o andare completamente in stallo". Inoltre, secondo Moody’s, l'ottimo risultato dei partiti euroscettici (il Pdl e il Movimento 5 stelle) aumenta il rischio di un’inversione dei progressi fatti riducendo "la probabilità che nuove elezioni risolvano la situazione bloccata". Dal momento che l’Italia è la terza economia del blocco europeo e ilprimo mercato dei titoli di Stato, Moody's intravede la possibilità che le elezioni abbiano implicazioni che vanno oltre l’Italia e, indirettamente, siano negative per il rating di altri Paesi sovrani dell’Eurozona "con la possibilità che si riaccenda la crisi del debito".

Dopo una mattinata di euforia ingiustificata, lo scrutinio di lunedì pomeriggio ha subito fatto invertire i segni più di Piazza Affari e sbalzato all'insù lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi. E il differenziale si è trasformato, ancora una volta, in un'arma a doppio taglio per influenzare la formazione del governo e le alleanze. Dopo che per mesi hanno fatto un patto con Mario Monti tenendo lo spread sotto la soglia dei 300 punti base, gli speculatori sono tornati all'attacco scommettendo contro i titoli di Stato nostrani che, nelle ultime ore, risentono della fortissima volatilità dei mercati. La prima agenzia di rating a tirare la zampata su Palazzo Chigi era stata, a urne ancora calde, Standard & Poor's avvisando che il rating del debito sovrano italiano non sarà "immediatamente" influenzato dall’esito delle elezioni ma saranno le scelte politiche che farà il prossimo governo a determinare il voto che la società di rating statunitense attribuirà all’Italia. "Riteniamo che le scelte politiche del nuovo governo - si legge nella nota di Standard & Poor's - una volta che sarà designato da Napolitano, saranno il fattere chiave (per determinare) l’affidabilità del debito sovrano italiano".

Adesso, però, il rischio più forte è che il prossimo governo e le future politiche economiche vengano dettate dai mercati e dalla finanza, proprio come era stato con il Professore. Se così fosse, l'Italia rischierebbe di diventare una colonia dell'Eurozona.

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