L'arma segreta per realizzare la mission impossible: arrestare il declino di Forza Italia e rilanciarla come primo partito in Italia. Marcello Fiori, 53 anni, laurea in Lettere e profilo defilato rispetto ai soliti noti, offre le cifre della riscossa: «L'obiettivo è far nascere 12mila club in tutta Italia».
Finora?
«Siamo a quota 11.250. E dai numeri che ci arrivano scopriamo che il 70 per cento dei fondatori non è mai stato iscritto né al Pdl né a Fi. Dunque..»
Dunque?
«Questi non sono club clonati dall'alto. Ci sono energie che aspettavano solo di essere liberate. Diciamo che stiamo mettendo radici».
Si torna alle origini?
«Il primo club nacque in provincia di Milano il 16 novembre 1993. Forza Italia vinse alle elezioni del '94 senza congressi e appoggiandosi ai club e alla società civile. Quell'intuizione dev'essere recuperata».
D'accordo, ma come?
«La politica deve autoriformarsi».
Bella frase, in concreto? Più attenzione a cani e gatti secondo il modello Dudù?
«Quelle sono le ironie dei giornali. La verità è che la politica non incrocia più i bisogni della gente sul territorio e infatti la metà della popolazione non va più a votare. È delusa, arrabbiata, disgustata. Noi vogliamo ricominciare da lì: dalle aspettative degli anziani, dei giovani, delle donne. Di quei venti e passa milioni di persone che alle urne non ci vanno più».
Sarà difficile rimotivare quei 20-25 milioni, alle prese con problemi drammatici, magari sulla soglia della povertà, offrendo loro un po' di volontariato azzurro.
«Non si tratta di imitare i boy scout, ma di intervenire nella carne viva dei problemi. Dei temi che magari declamiamo da anni e anni».
Ad esempio?
«La giustizia. Noi parliamo di una riforma della giustizia da 20 anni».
Ma per una ragione o per l'altra la riforma non è mai arrivata.
«Appunto. Ma i drammi le storie, le ingiustizie che colpiscono i comuni cittadini restano. E si tenta finalmente una risposta, sul campo. Ai Parioli è nato un club formato da una decina di giovani avvocati che raccoglie storie di mala giustizia. Alla Garbatella, storico quartiere rosso della capitale, siamo partiti con l'assistenza fiscale agli anziani. E in zona Cassia c'è anche il veterinario».
Così non vi disperderete in mille microattività?
«No, il club è un po' la vecchia sezione di partito, ma molto più aperta. Certo, il presidente sarà un nostro militante. Ma gli altri membri no. E però avvicineremo al partito migliaia e migliaia di persone che hanno perso ogni orizzonte. Inutile girarci intorno: servono risposte concrete. A Gaeta raccogliamo alimenti per le famiglie più povere in collaborazione con il Banco alimentare».
Pacchi in cambio di voti?
«Noi abbiamo un progetto ambizioso, che non si conta alle urne, tantomeno al traguardo delle Europee. Vogliamo offrire ai cittadini una rete di fiscalisti, avvocati, esperti di vari problemi e nello stesso tempo pensiamo che la filiera della politica tradizionale - dal consigliere comunale al sindaco e al deputato - debba entrare nel circuito per affrontare e risolvere i problemi».
Non si rischia la parodia della vecchia Forza Italia?
«Oggi lo sport nazionale è accusare la classe dirigente di essere chiusa nella difesa della casta, arroccata nei suoi privilegi. Qua il criterio è rovesciato: non siamo al Palazzo e alle sue convulsioni, ma siamo dentro la società».
In concreto, quale sarà la potenza di fuoco dei club?
«Per funzionare decentemente un club deve avere almeno 25
Una sfida temeraria.
«Vedrà che ce la faremo».
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