L'ippica muore, l'ippica è morta. Questo ormai è il refrain che si ode e si legge. Ma l'amore per i cavalli e la passione per le corse è vivo e per nulla destinato alla sepoltura nel cimitero dei ricordi. L'Italia è un Paese strano. Non lo scopriamo noi. Quando un settore va male, ma potrebbe andare meglio con un po' di buona volontà, noi ci deprimiamo e ci rassegniamo: lo lasciamo andare alla deriva. Ippodromi storici che chiudono, allevamenti in disarmo, macellazione in serie di brocchi e campioni come fosse routine. Qualche persona di buon cuore ha lanciato l'idea di salvare trottatori e galoppatori offrendoli in affidamento a privati cittadini sensibili. Per fortuna molti volontari si sono prestati a ospitare e mantenere fior di fattrici, stalloni e castroni.
Ma l'ippica continua a essere in agonia. Ci vuole altro per risollevarne le sorti. Si dà infatti il caso che la gente scommetta sempre meno sui cavalli, distratta com'è da altre opzioni giudicate più moderne: il calcio, la formula uno, perfino il tennis, per tacere del resto (per esempio il Gratta e vinci e il Superenalotto) che assorbe i quattrini un tempo riservati alle corse degli animali più nobili. Cosicché le mangiatoie sono vuote, i sulky arrugginiscono e le selle rimangono appese ai pioli nelle scuderie. Meno gare, montepremi magri, allevatori depressi, fantini e guidatori indotti a cercarsi occupazioni diverse.
Eppure qualcosa mi dice che non è finito tutto: vedremo ancora i nostri destrieri con le criniere al vento. Nostalgia, romanticismo? Pensatela come volete. Ma l'ippica risorgerà. La speranza è alimentata da una ragazza-fenomeno: Jessica «Bandoliera» Pompa, la quale ha stupito e seguita a stupire il mondo residuale degli ippici. Non è una professionista di questo sport antico. Macché. È una studentessa nata a Fermo, nelle Marche, in procinto di laurearsi in ingegneria meccanica. Intelligente e volitiva. Tra un esame universitario e l'altro, fa la modella: è apparsa su decine di copertine. Già, è anche bellissima oltre che eclettica: ha girato film con Claudio Bisio e Antonio Albanese, quelli che fanno ridere perché interpretano alla perfezione l'italiano mediamente furbo e mediamente cretino. Ma la vocazione di Jessica con tutta evidenza è un'altra: sa parlare ai cavalli e ottenere da loro, senza metodi coercitivi, il massimo sforzo dalla partenza al palo d'arrivo. Monta in sulky e vince con una facilità straordinaria, ricevendo dagli animali, in cambio della sua dolcezza, una generosa collaborazione.
Vi svelo subito il suo segreto: non usa la frusta, non l'ha mai impugnata, le fa schifo; ha capito che non serve ad aumentare né la velocità né la resistenza alla fatica degli equini. Lo ha capito osservando e studiando il loro comportamento in natura, quello che mantengono vivendo in branco, dove non hanno bisogno di pungoli per battersi allo scopo di assumerne la leadership, secondo schemi gerarchici finalizzati alla sicurezza e al comando del gruppo.
Non siamo etologi e non ci addentriamo in una materia che conosciamo a livello di dilettanti. Ma sottolineiamo che se Jessica ha bandito la frusta e, ciononostante, primeggia in pista, la spiegazione non può che essere questa: i cavalli dànno all'uomo tutto quello che hanno, sino all'ultimo respiro, a condizione di non essere maltrattati. Dal che si scopre che essi sono migliori di noi.
Parliamo ancora di Jessica, che ha compiuto vari miracoli. Nel novembre dello scorso anno partecipa, dopo un breve addestramento, a una gara (a San Siro) del torneo «Circuito benefico delle stelle». Si iscrive per divertimento e per compiacere amici che dalla sua presenza nella competizione traggono un vantaggio: quello di invogliare il pubblico a entrare all'ippodromo.
All'esordio sull'anello di sabbia, che non è un giardino d'infanzia, rivela una dimestichezza col cavallo da far venire i brividi: corre con sagacia tattica e padronanza delle redini - ripeto: niente frusta minacciosa e volgare - e si piazza al primo posto, davanti a gente che ha mangiato tanta polvere. Alla seconda uscita, la signorina prodigio è coinvolta in un incidente drammatico - ne accadono tanti del genere - e viene estratta in fin di vita da un groviglio di zampe e sulky accartocciati. Ricoverata in prognosi riservata, si riprende in fretta e dichiara: sono ansiosa di ricominciare. Le danno tutti dell'incosciente, tranne don Antonio Mazzi che la incoraggia e la indica ai giovani come esempio di tenacia.
Di lì a poco l'avvenente fanciulla torna in pista e, per farla breve, trionfa in 7 corse su 11; performance degne di una fuoriclasse ricca di esperienza. Jessica guida anche il redivivo Varenne, il più grande campione di ogni tempo, dimostrando di possedere una tecnica invidiabile e un autocontrollo stupefacente per una persona della sua età.
Davanti a un personaggio così viene da piangere, e si pensa a quanto ella sia sprecata in un momento in cui l'ippica cola a picco. La ragazza sarebbe un ambasciatore formidabile per rilanciare gli ippodromi. Invece i mass media non si occupano di lei, ma danno enfasi perfino ai peti dei politici di terza fila, come se fossero esalazioni di saggezza.
Sia come sia. Infine arriva per la nostra star nemica della violenza sui cavalli l'occasione per consacrarsi regina del sulky. Udite, udite. A Montegiorgio si organizza la sfida del secolo. Lei, campionessa del «Circuito delle stelle» (Beppe Grillo non c'entra), si batte in un testa a testa con Gaetano Di Nardo, addirittura campione italiano guidatori.
L'esito ha dell'incredibile: dopo una battaglia condotta dal navigatissimo uomo del trotto senza esclusione di colpi, la serafica studentessa di ingegneria, nonché donna copertina si impone sul veterano con un guizzo del suo cavallo, mai percosso dalla frusta per assenza della medesima.Finisco qui, perché sono commosso. Jessica, solo tu puoi salvare i nostri adorati cavallini. Ha ragione Di Nardo quando dice che sei una marziana.
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