Ora che è cominciata la fiction don Matteo sulla rete del Pd, vorrei dire tre cose su Renzi. Capisco l'euforia e lo slancio dell'esordio, riconosco la bravura di Renzi nel barcamenarsi tra sinistra e novità, che sono poi agli antipodi. Lui si è definito ribelle, per ora è solo monello. Superata la brillante fuffa, vengo al sodo. Uno, è sparita la proposta renziana di un sindaco per l'Italia, il decisionismo è sfumato perché al Partito non piace il presidenzialismo. Ma era uno dei motivi di maggiore presa trasversale di Renzi. Due, è bello dire che in Europa da ultimi diventeremo primi, ma sappiamo che è falso. E poi si può compiere davvero una svolta senza rimettere in discussione i padroni d'Europa, la perdita di sovranità, il regime finanziario, senza rinegoziare assetti, debito e moneta? Qui Matteo tace. Tre, se Renzi aspetta 15 mesi per dare lo sfratto a Letta, come ha detto, si sgonfia come un palloncino: perché se Letta va bene, sarà lui il leader naturale del centrosinistra, avendo dalla sua parte i fatti mentre a Matteo restano solo le parole. Se Letta va male trascina il Pd nel suo fallimento e a quel punto Renzi dev'essere drastico e tempestivo a mandarlo a casa, ma spaccherebbe il partito e avrebbe contro Napolitano.
Così a Renzi tocca il ruolo di iettatore, deve gufare perché Letta vada male. Viceversa, uniti in tandem, si sovrappongono fino a che soccombe uno. Vi parrà strano, ma tifo per Renzi, nonostante tutto (ad avercene...). Però rischia di ridursi al ruolo di nipotino spiritoso di Prodi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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