Milano«Ho risanato Montedison facendo riferimento alle Lezioni americane di Italo Calvino coniugandone i valori: leggerezza, rapidità e coerenza». Enrico Bondi è sempre riuscito a far «parlare» i numeri trasmettendo al mercato non solo bilanci solidi ma emozioni «letterarie».
Una fama meritata quella del supermanager, capace di trasformare le crisi in opportunità. Non è un caso che il pater familias della finanza italiana Enrico Cuccia avesse pensato al «chimico» aretino quando nel 1993 si trattò di sottrarre Montedison al triste destino di Raul Gardini. Dovette fronteggiare un debito monstre da 31mila miliardi di vecchie lire (16 miliardi di euro) ma limpresa riuscì, anche grazie ai buoni uffici di Mediobanca che convinse le banche creditrici a partecipare allimpresa. Un «miracolo» che durò 8 anni perché nulla poté dinanzi alla scalata di Edf e di Fiat nei confronti di Foro Bonaparte.
Un successo replicato dieci anni dopo con la disastrata Parmalat di Calisto Tanzi dal quale fu chiamato nel 2003. Con la stessa strategia (conversione del debito in capitale) e con azioni legali nei confronti degli istituti che avevano consentito allazienda di Collecchio di accumulare 14 miliardi di euro di «buco», Bondi centrò lobiettivo: azienda rimessa in pista con un tesoretto di 1,4 miliardi in dote. Anche lì furono i francesi (di Lactalis) a mettergli i bastoni tra le ruote.
In mezzo ai due trionfi, Bondi ha trascorso brevi periodi in Telecom, Fonsai e Lucchini. Laddove vi fosse da risanare la Mediobanca del «delfino» Maranghi proponeva pedissequamente il nome dellesperto manager, che lanno scorso (dopo luscita da Parmalat) ha gestito il difficile interregno dellOspedale San Raffaele.
Dal magistero di Mediobanca Bondi ha appreso due tratti distintivi: la solerzia (si alza prestissimo ogni mattina) e la riservatezza. Personalissimo, invece, il piglio decisionista da vero toscano che gli precluse lincarico più prestigioso: quello di manager della Fiat «pre-Marchionne».
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