Roma - È la fase due di Mario Monti, che col viaggio in Oriente ha cambiato passo e anche stile, da premier tecnico a premier autarchico. Prima l’«editto di Seul» («Se il Paese non è pronto lasciamo, non tiriamo a campare») adesso quello di Tokyo, altra frustata: «Questo governo ha un alto consenso nei sondaggi, i partiti no». «Ghe pensa lü», ci pensa lui, che gode di una fiducia irraggiungibile per la maggioranza politica che lo sostiene. Lo dicono i sondaggi, che il premier tiene d’occhio come i politici più consumati. In Giappone, nuova tappa del tour orientale che lo porterà poi in Cina (da domani, col premier cinese Wen Jiabao e il mondo finanziario cinese) e quindi in Kazakistan (dal presidente Nazarbayev), Monti torna sul fascicolo più critico dell’agenda di governo, la riforma del lavoro (connesso al tema del rilancio, perché «le imprese hanno paura di assumere perché è molto difficile licenziare anche per ragioni economiche»), per ripetere il concetto, la superiorità della sua missione rispetto alle beghe dei partiti: «La maggioranza degli italiani percepisce questa riforma come un passo necessario nell’interesse dei lavoratori», anche se certamente «provoca alcuni risentimenti e discussioni anche aspre» nel Paese e nelle segreterie partitiche, che però lo interessano meno (ma comunque è fiducioso che la riforma del lavoro, com’è stato per le pensioni, passerà, «spero entro l’estate»). Quasi sprezzante quando gli chiedono un giudizio sulle prove d’intesa tra Pdl, Pd e Udc sulla riforma elettorale: «Non ho neanche letto i giornali».
In effetti ha qualcosa di più importante da fare laggiù, un road-show per vendere il prodotto Italia alla business comunity delle potenze economiche orientali, il Giappone ma soprattutto la Cina e la Corea. Convincere che l’Italia non solo è affidabile ma che investire può essere vantaggioso (chi lo ha fatto a novembre in titoli del Tesoro italiano «ha già realizzato un affare ma c’è ancora lo spazio perché ciò avvenga»). Chi può trasmettere fiducia agli investitori asiatici è un «peculiare governo» come il suo, che «ha un alto consenso tra la gente», dice il premier agli osservatori riuniti nella sede del colosso editoriale Nikkei Shimbun: «Gli italiani sembrano apprezzare il modo di affrontare le questioni concrete in modo moderato e non concitato».
L’Italia dei tecnici al governo «è una risposta alla crisi anziché un fattore che la aggrava» spiega Monti, che a Seul dice di aver «toccato con mano quanto, più che in passato, fosse alto l’interesse per l’Italia». Una missione che riformerà la politica italiana, perché dopo la «breve eccezione» del suo governo «la politica tornerà a scorrere», ma sarà diversa, «i partiti che torneranno al potere, come si dice, saranno differenti, più consapevoli di quanto fossero prima della richiesta di governance da parte dei cittadini». E chiude con un’altra botta: «Forse è stata l’offerta di governance a essere carente in passato».
I sondaggi, per ora, danno ragione a questo Super Monti, molto fiducioso in se stesso. Secondo l’Ipsos l’analisi di Monti «è corretta». Concorda Mannheimer: «Ha perfettamente ragione, il consenso per il governo è più alto di quello dei governi precedenti».
E la fiducia nei partiti? «In calo, si attesta tra il 4 e l’8 per cento». Però sono sempre i partiti a tenere in vita il governo Monti, gli ricordano ex ministri e parlamentari. Ma chissà se Monti avrà tempo per leggere i giornali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.